domenica 28 dicembre 2008

La battaglia di Ortona


Nel dicembre del ‘43 Montgomery scatenò un’offensiva inutile e sanguinosa. Lo fece soltanto per compiacere gli osservatori mandati dal Cremlino

Nella storia della seconda guerra mondiale Ortona viene ricordata soltanto perché, dall’antica cittadina adriatica, Vittorio Emanuele III si imbarcò nella sua vergognosa fuga verso il sud, dopo l’8 settembre 1943.

Eppure lì si svolse una sanguinosissima, feroce battaglia casa per casa, che durò dal 6 dicembre di quell’anno sino 4 gennaio del ’44, tanto che Ortona è stata definita “piccola Stalingrado”. Fu una battaglia strategicamente quasi inutile, ma nella quale tedeschi e alleati misero un impegno smisurato, contendendosi per giorni ogni centimetro di terreno, e che provocò tremilacinquecento morti fra civili e militari dei due eserciti.

Ortona rappresentava il punto terminale, a est, della linea difensiva tedesca Gustav ma la sua conquista non avrebbe comportato - né comportò - uno sfondamento del fronte da parte dell’esercito angloamericano. Eppure il generale Montgomery non esitò a sacrificare uomini e mezzi in uno scontro che anche Hitler seguì personalmente, ordinando di non cedere terreno a qualsiasi costo.
Fra i caduti, ben 1.375 appartenevano al corpo di spedizione canadese, che si batté contro i reparti speciali di paracadutisti della Prima Fallschirmjäger division. I famosi “diavoli verdi” usarono tecniche di battaglia urbana molto simili a quelle che verranno poi adottate in Vietnam e in Irak: abbattimento di case per costringere le forze avversarie a percorrere terreni minati e sottoposti a un micidiale fuoco di annientamento. Non sorprende quindi che la battaglia di Ortona, oggi, venga ricordata soprattutto in Canada, e che sia stato presentato proprio all’ambasciata canadese il film-documentario Un Natale di sangue - Ortona 1943.

Presentato da Maurizio Costanzo, che è di Ortona, il documentario è stato realizzato da uno dei migliori registi del genere, Fabio Toncelli, con la consulenza storica inappuntabile di Marco Patricelli, autore di La Stalingrado d’Italia. Ortona 1943: una battaglia dimenticata (Utet, pagg. 230, euro 15,50). Il film, che verrà trasmesso su Rete 4 in una data da definire, ha la forza di un dramma e la documentazione di una ricerca storica accuratissima.

Immagini di repertorio restaurate in alta definizione, testimonianze e documenti (anche tedeschi) finora inediti, eccezionali ricostruzioni al computer e precise ricostruzioni sceneggiate portano lo spettatore nei vicoli dove si svolse una battaglia furibonda, fino alla prova documentaria del perché gli alleati vollero sacrificare tanti uomini e tanti mezzi per la conquista di un obiettivo militarmente inutile.
Un breve filmato dimostra che fra i comandi angloamericani c’erano degli osservatori sovietici, inviati appositamente da Stalin per verificare che sul fronte italiano si facesse sul serio e che si fosse determinati a avanzare verso nord.

In realtà, come sappiamo, Roma venne liberata solo nel giugno del 1944, passando per la battaglia di Cassino, e trascorrerà ancora un inverno prima che vengano sfondate le linee tedesche lungo la nuova linea di difesa.

Insomma tanti uomini morirono - e Ortona venne distrutta, con il suo prezioso patrimonio artistico - per dare un’inutile prova di forza e di determinazione a uso di Stalin. Una nuova ferocia aggiunta alla ferocia della guerra.

Da: Il Giornale, 17 dic 2008
http://www.storiainrete.com/2008/11/quando-in-italia-stalin-spiava-lalleato-americano/

Karl Nicolussi Leck

venerdì 19 dicembre 2008

Rivista Volontari, Marvia e Montagna vs Afiero

Massimiliano Afiero, colonna portante di Volontari, non è più il direttore tecnico della rivista in oggetto.

Parte dei collaboratori di Volontari entreranno a far parte della rivista SGM - Seconda guerra mondiale, Ed. Lupo, e - auspicabilmente - gli stessi creeranno una nuova rivista dedicata alla storia delle Waffen-SS.

A tal proposito, su un forum vi è stato un vivace scambio di vedute tra l'ex direttore e Marco Montagna, titolare della editrice Marvia:

Al cortese attenzione del moderatore,vorrei pregarLa di esaminare certe affermazioni che vengono inserite in questo topic dal Signor Waffen211, il quale non si firma e preferisce rimanere anonimo nell'esternare le proprie considerazioni che hanno raggiunto ormai il livello della diffamazione e della calunnia a scapito di una ditta che da anni lavora seriamente in questo campo.La invito quindi ad intervenire peGiustificar evitare ulteriori scadimenti della discussione. Marco Montagna dir. resp. VOLONTARI Titolare Marvia Edizioni

Faremo solo notare che alcuni potrebbero rilevare nella risposta di Montagna una certa volontà censoria, piuttosto naif e vittimistica, poichè le affermazioni di Afiero, pur risentite, erano tutt'altro che a livello di "diffamazione " e "calunnia"; inoltre, siamo costretti, nostro malgrado, a non avvallare del tutto che la Marvia "lavori seriamente in questo campo", perlomeno nell'accezione omnicomprensiva (auto)usata pro domo sua dal buon Montagna; infatti "seriamente" presuporrebbe anche da parte dell'editore, specie se di nicchia, un rapporto - se non sereno - trasparente con i suoi autori e collaboratori, e sia con Massimiliano Afiero come si evince dal post, sia con i due principali collaboratori fondatori della rivista della Marvia Milites (uno dei due era il sottoscritto) questo non è avvenuto. Senza tema di accuse di "calunnie" e "diffamazioni", poichè abbiamo decine di e-mail che dimostrano quanto affermato. In ambo i casi, in vece di un sereno confronto, e magari anche di una cessazione concordata della collaborazione, vi era da parte della Marvia l'assenza di contatto per settimane, per poi arrivare ad una imbarazzata, finale comunicazione.
Non esattamente un comportamento "serio", direi.
Andrea Lombardi

sabato 17 maggio 2008

I Tigre della Leibstandarte



in una traduzione riveduta, il classico "Sempre Tigre" ristampato:

Will Fey

I Tigre della Leibstandarte
L'epopea dei Panzer SS nei diari dei carristi Streng e Trautmann

I Tiger a Kharkov, Kursk, Normandia, sino agli ultimi combattimenti tra l'Oder e Elba nel 1945.

Prefazione di Paul Hausser, SS-Oberstgruppenfuehrer

F.to 14x21, 250 pag., illustrato, Euro 25,00

Novità: L'ultima Blitzkrieg


a cura di Andrea Lombardi

L'ultima Blitzkrieg
Le Campagne della Wehrmacht nei Balcani, Jugoslavia, Grecia e Creta
aprile - maggio 1941

Questo studio descrive le Campagne tedesche nei Balcani e la conquista di Creta entro il quadro generale della strategia politica e militare di Hitler, e si basa principalmente su documenti tedeschi originali e scritti militari postbellici del Dr. Helmut Greiner, il responsabile della compilazione del Diario di guerra della Wehrmacht, e dei Generali Burkhart Müller-Hillebrand e Hans von Greiffenberg, oltre che da materiale proveniente da fonti statunitensi e inglesi. Il testo descrive non solo le operazioni militari, ma anche le complesse manovre politiche dell’Asse, delle nazioni balcaniche e degli Alleati nel 1940-1941.

Un’appendice tratta inoltre la discussa questione del rapporto esistente tra le Campagne nei Balcani e l’invasione della Russia, e sulle conseguenze che ebbero sulla pianificazione e sull’esecuzione dell’Operazione Barbarossa.


F.to 14x21, 192 pag., illustrato, 20,00 Euro.

Ristampa Heia Safari!




Heia Safari!

del Generale Paul von Lettow Vorbeck


La guerra nell'Africa Orientale Tedesca 1914-1918

F.to 14x21, 220 pag., illustrato, 22,00 Euro.

lunedì 5 maggio 2008

Filmato a colori: Oder, 1945

1. Marine-Schuetze-Division. Fanteria, FlAK e StuG in azione sul fronte dell'Oder, 1945.

http://www.youtube.com/watch?v=Yddvh22rXDw

Recensione "I decorati della Ritterkreuz..."




Il libro I decorati della Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern recensito positivamente dalla prestigiosa rivista di storia militare "Storia Militare", Albertelli Edizioni Speciali, numero 176, maggio 2008, pag. 66.



mercoledì 16 aprile 2008

7 giugno 1944



Parigi, 7 giugno 1944

Sul Boulevard de l’Amiral Bruix passavano con fragore carri armati pesanti in marcia verso il fronte. I giovani equipaggi vivevano in quella specie di allegria fondata sulla malinconia, della quale io mi ricordo così bene. Si intuiva in loro, vicinissima, la vicinanza della morte… E come i giovani sedevano sui Panzer, delicati l’uno con l’altro come sposi alla vigilia della loro festa, quasi in un convito spirituale!


Ernst Jünger, Irradiazioni

giovedì 6 marzo 2008

Generalfeldmarschall Albert Kesselring



Generalfeldmarschall
Albert Kesselring


Nato il 30 novembre 1885 a Marksteft presso Kitzingen in Baviera, e morto il 15 luglio 1960 a Bad Nauheim.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (3) il 30 settembre 1939 quale Ge­neral der Flieger e Chef della Luftflotte 1. Ottenuta per aver annientato l’aviazione polacca e per l’efficace appoggio fornito all’Heeresgruppe Nord durante le operazioni di terra.

Eichenlaub (78) il 25 febbraio 1942 quale Gene­ralfeldmarschall e Oberbefehlshaber Süd. Assegnatagli per gli straordinari successi ottenuti nell’area del Mediterraneo grazie al suo costante apporto personale.

Schwerter (15) il 18 luglio 1942 quale Gene­ralfeldmarschall e Oberbefehlshaber Süd. Grazie alla sua chiara visione della situazione, Kesselring, collaborando strettamente con la Regia Aeronautica, raggiunse già nell’inverno del 1941-1942 l’apice delle azioni offensive possibili contro Malta e ostacolò i rifornimenti inglesi in questo punto d’appoggio aereo e navale nemico. Fu così possibile attuare una riduzione dell’efficienza delle forze nemiche dislocate nell’isola, e quindi una maggiore sicurezza dei propri trasporti verso il Nordafrica. A questo proposito, è da menzionare la distruzione dei grossi convogli britannici, avvenuta dal 4 al 17 giugno 1942 e l’appoggio fornito alla Panzerarmee di Rommel dai reparti della Luftwaffe e unità della FlAK.

Brillanten (14) il 19 luglio 1944 quale Generalfeldmarschall e Oberbefehlshaber dell’Heeres- gruppe C. Ottenute per l’abile conduzione bellica in Italia. Nonostante la superiorità numerica degli Alleati, e la supremazia aerea dell’avversario, Kesselring riuscì sempre ad arrestare e poi ad ostacolare l’avanzata del nemico, col minor numero possibile di perdite. Rimasto gravemente ferito in un incidente automobilistico, rimase in convalescenza dal 23 ottobre 1944 ai primi del 1945. Il 10 marzo 1945 fu nominato Oberbefehlshaber Südwest e dell’Heeresgruppe C, terminando poi la guerra come Oberbefehlshaber Süd, e dopo la capitolazione, entrò in prigionia statunitense il 15 maggio 1945. Il 6 maggio 1947 fu processato a Venezia da una Corte Marziale inglese per crimini di guerra, in particolare per le disposizioni contro la guerra partigiana da lui emesse e per il suo coinvolgimento nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Condannato a morte, la pena fu commutata in carcere a vita. Kesselring fu poi scarcerato per motivi di salute il 23 ottobre 1952.

Kesselring fu senza dubbio uno dei migliori comandanti tedeschi, come dimostra l’efficace e lunga difesa della penisola italiana, nonostante la totale supremazia aeronavale Alleata. Inoltre, fu uno dei pochi Ufficiali superiori tedeschi ad avere una visione strategica del conflitto, avendo ben chiara l’importanza del coordinamento tra le operazioni delle forze di terra e quelle aeronavali, e dell’importanza delle linee di collegamento marittime. Nelle sue memorie, Kesselring non tende tanto a discolparsi dalle accuse che gli furono mosse, ma intende ricordare le gesta del soldato tedesco:
È una verità incontrastata che i tedeschi hanno dato in guerra una prova magnifica delle loro qualità. Liddel Hart così si esprime su questo argomento: “Nell’eseguire questa analisi si scopre che le offensive Alleate hanno avuto raramente successo quando le nostre truppe non possedevano una superiorità numerica di almeno 5:1 rispetto ai tedeschi […] In alcuni casi speciali e veramente deplorevoli, le nostre truppe non riuscirono a sfondare le linee avversarie neppure con una superiorità di 10:1, moltiplicata dalla padronanza del cielo. […] si ebbe talvolta l’impressione penosa che i tedeschi in genere fossero superiori ai loro avversari presi singolarmente, uomo contro uomo. Sul fronte orientale i tedeschi riuscirono ripetutamente ad opporsi con successo ad un nemico altrettanto superiore numericamente”. […] I grandi successi dei combattenti tedeschi non sarebbero stati possibili se fosse mancato un senso di cameratismo totale fra gli uomini ed i loro superiori. Il cuore mi batteva di gioia durante le mie visite al fronte quando constatavo questa intima unione di intenti. Sono stato orgoglioso di vedere il contegno esemplare mantenuto nel 1945 dai soldati tedeschi nel momento di consegnare le armi al nemico.

Da notare come la superiore efficienza delle unità tedesche, osservata da Liddel Hart, portò l’US Army ad attivare una specifica commissione (Historical Evaluation and Research Organization), la quale riconobbe empiricamente, anche con l’uso di modelli matematici, applicati alla ricostruzione di un gran numero di scontri tra unità Alleate, sovietiche e tedesche, una maggiore capacità combattiva, sia in attacco che in difesa, ai soldati della Wehrmacht rispetto ai loro avversari. Seguirono poi gli studi degli storici militari Martin van Creveld e Trevor Nevitt Dupuy, che analizzarono approfonditamente questi risultati, confermandone la generale validità. Paul Savage e Richard Gabriel, due ricercatori e militari di professione statunitensi conlusero in un saggio del 1976:

Nonostante le ripetute catastrofi, la Wehrmacht rimase così coesa da combattere efficacemente sino a quando fu sopraffatta […] La coesione tedesca sul campo di battaglia derivava direttamente dai singoli soldati […] che percepivano i loro diretti superiori, Ufficiali e Sottufficiali, come uomini d’onore, eminentemente degni di rispetto, i quali a loro volta avevano cura dei loro uomini. Gli ufficiali dell’Esercito tedesco erano selezionati con grande attenzione, e virtualmente tutti avevano una cultura superiore al tedesco medio. Inoltre, questi standard furono mantenuti nel corso della guerra […] Le qualità combattive dell’Esercito tedesco possono essere attribuite in buona parte alle qualità dei suoi comandanti […] Il modello storico tedesco durante la seconda guerra mondiale spicca come uno di alta professionalità militare e coesione.

Citato nei Wehrmachtbericht dell’8 ottobre 1940, 26 ottobre 1940, 9 novembre 1940, 25 novembre 1940, 19 giugno 1941, 6 agosto 1941, 7 agosto 1941, 19 settembre 1941, 18 ottobre 1941, 19 ottobre 1941, 17 giugno 1942 e del 10 settembre 1943.
Spange 1939 zum Eisernes Kreuz I. Klasse 1914 il 25 settembre 1939
Spange 1939 zum Eisernes Kreuz II. Klasse 1914 il 12 settembre 1939
Kgl. Bayer. Prinz-Regent-Luitpold Jubiläums-Medaille.
Kgl. Bayer. Militär-Verdienstkreuz III. Klasse.
Kgl. Bayer. Militär-Verdienstorden IV. Klasse mit Schwertern.
Ritterkreuz II Klasse des kgl. Sächs.
Albrechts-Orden mit Schwertern.
Kgl. Bayer. Militär-Verdienstorden IV. Klasse mit der Krone und Schwertern.
Ehrenkreuz für Frontkämpfer.
Wehrmacht-Dienstauszeichnung I. Klasse.
Gemeinsames Flugzeugführer-und-Beobachterabzeichen in Gold mit Brillanten.
Gran Croce dell’Ordine della Corona.
Frontflugspange für Zerstörer in Gold mit Anhänger Einsatzzahl “400”.
Brevetto da Pilota della Regia Aeronautica.
Fascetta da braccio ”Afrika”.


Generalleutnant Karl Mauss



Generalleutnant Dr. med. dent.
Karl Mauss


Nato il 17 maggio 1898 a Plön nell’Holstein e morto il 9 febbraio 1959 a Haburg-Wandsbek.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (694) il 26 novembre 1941 quale Oberst­leutnant e Comandante del II Bataillon, Schützen-Regiment 69, 10. Panzer-Division. A Vyasma l’Oberstleutnant Dr. Mauss, nella notte tra il 6 ed il 7 ottobre 1941, dopo che il Panzer-Abteilung era penetrato fino all’autostrada, preso possesso dei ponti più importanti, grazie alla sua ricognizione personale e ad un’azione repentina, liberò personalmente la città dal nemico e creò una posizione difensiva temporanea ad ovest, avvalendosi delle deboli forze a sua disposizione. È in primo luogo merito dell’Oberstleutnant Dr. Mauss se fu possibile chiudere da sud la sacca di Vyasma, già nella notte tra il 6 ed il 7 ottobre. L’undici ottobre, dopo duri combattimenti a Rusa e Istra, vicino a Borodino, l’avanzata riprendeva per poi arrestarsi a diciotto chilometri da Mosca. In queste battaglie le esauste forze di Mauss si erano scontrate con dei reparti sovietici particolarmente determinati, come egli stesso scrisse:

La tenacità del nemico è stupefacente, considerando che i difensori sono degli Allievi Ufficiali di quindici anni. Si fanno uccidere piuttosto che arrendersi. Non ho visto un solo prigioniero che non fosse ferito. Molti si sono tolti la vita sparandosi.

I successivi combattimenti difensivi contro i contrattacchi russi, condotti da truppe siberiane in mezzo a tempeste di neve, videro Mauss sempre in prima linea, in combattimenti dove si tentava di far sopravvivere la propria unità, più che di implementare le più raffinate sottigliezze dell’arte militare, come si comprende bene da questa conversazione di Mauss con il suo Aiutante:

A cosa servono i rapporti in questa situazione? Comunicate alla Divisione che Ivan non passerà. Sono con le mie truppe, che adesso hanno bisogno di me. Quindi non ho tempo per dei rapporti!

Dopo questi combattimenti, nel marzo 1942 Mauss fu trasferito alla 4. Panzer-Division e promosso Oberst, al comando del Panzer-Grenadier-Re­giment 33.
Eichenlaub (335) il 24 novembre 1943 quale Oberst e Comandante del Panzer-Grenadier-Re­giment 33, 4. Panzer-Division. La proposta per l’onorificenza era stata fatta all’Heeres-personalamt sia il 30 aprile 1943 che il 19 novembre 1943. L’otto febbraio 1943 il Dr. Mauss aveva assunto il comando di tutti i reparti a Kursk. Nella battaglia di Kursk, avvenuta durante la ritirata, fu possibile trarre in salvo il VII Armee-Korps fino al 19 febbraio, grazie al preponderante apporto del Dr. Mauss. Grazie all’attacco della 4. Panzer-Division, condotto da Novgorod Sewerskij a Ssewsk dall’otto al 27 marzo 1943, la Divisione ebbe un ruolo importante nella chiusura delle brecce che si erano aperte a febbraio tra la 2. Armee e la 2. Panzer-Armee. Il Dr. Mauss partecipò attivamente alla presa di Ssewsk. Dal 23 ottobre al 4 novembre 1943 egli fu al comando della 4. Panzer-Division, e dal 16 novembre al 21 dicembre. Dietrich von Saucken, futuro decorato dei Brillanten e suo Comandante Divisionale, diede il seguente parere su Mauss: “Vincente combattente del fronte, splendente Ufficiale, e buon tattico”.

Schwerter (101) il 23 ottobre 1944 quale General­leutnant e Comandante della 7. Panzer-Di­vision. Il rapporto dell’OKW del 13 marzo 1944 cita la 7. Panzer-Division per la difesa dell’area ad est di Tarnopol. Il 23 marzo, la Division fu accerchiata a Satanovka. Il Dr. Mauss si mise al comando di un Kampfgruppe di Panzer della Leibstandarte SS Adolf Hitler, compì uno sfondamento verso sud, e, grazie al rifornimento dall’aria, si congiunse alla 1. Panzer-Armee. La 7. Panzer-Division divenne quindi una delle Divisioni di punta per lo sfondamento delle unità della “sacca vagante di Hube” verso le linee tedesche. Durante tale operazione, la 4. Panzer-Armee, che conduceva l’attacco di soccorso verso la sacca, fece contatto a Buchach con la 16. Panzer-Division e a nord con la 7. Panzer-Division, che aveva assaltato le linee sovietiche, distruggendo cinquantatre corazzati e numerosi cannoni controcarro e pezzi d’artiglieria. Il 9 aprile 1944, Hube comunicava a Mauss, promosso Generalleutnant:

Ci sarebbe andata male se non vi avessimo avuti con noi. I vostri uomini hanno impedito la distruzione della 1. Panzer-Armee.

Nei pesanti combattimenti a Zhitomir, Tarnopol, Brody e Minsk, la 7. Panzer-Division aveva distrutto più di 800 carri armati sovietici. Seguirono gli attacchi a Lida e in Lituania, dove, grazie al decisivo contributo della Divisione nella battaglia di Raisenen, fu bloccato l’attacco sovietico su Tilsit. Il Wehrmachtbericht del 15 agosto 1944 scriveva in merito:

La battaglia per Raseinen ha temporaneamente passato il suo apice. Per giorni i sovietici hanno caricato il fronte difensivo del Korps con tremende masse di carri armati, ma in ogni caso sono stati respinti […] Le unità del IX Armee-Korps si sono distinte per il loro straordinario coraggio e resistenza nei combattimenti difensivi sin dal 22 giugno. Il comando e le forze sul campo hanno coronato il loro successo nella battaglia per Raseinen, durata sei giorni, nel corso della quale due Brigate corazzate e due Corpi di fucilieri pienamente equipaggiati sono stati sconfitti, con la perdita di trecentocinquantaquattro carri armati. Con la vitale assistenza della 7. Panzer-Division, al comando del Generalmajor Mauss, è stato impedito uno sfondamento nell’area a nord di Tilsit e sono state create le condizioni per un’ulteriore, riuscita difesa della frontiera della Prussia orientale.

Gunther Fraschka, autore del libro sui decorati dei Diamanti Mit Schwertern und Brillanten e veterano della Heer, ricorda il suo incontro personale con Mauss sul fronte di Raisenen:

All’epoca ero Adjutant in un Panzerjäger-Abteilung, e avevo ordine di stabilire contatto con la 7. Panzer-Division. La reputazione del Generale Mauss, insignito delle Eichenlaub e dentista nella vita civile, lo precedeva. Non potevo immaginare una tale mescolanza di soldato e medico. Così mi misi in cammino, pieno d’aspettative, per dare un’occhiata al “prodigio” del fronte di Raisenen. Il villaggio nel quale era concentrata la 7. Panzer-Division era a circa un chilometro da Raisenen. Dietro i bianchi muri di una linda fattoria stava un automezzo Comando, e dietro di esso, su di una panca, stava un Ufficiale, di altezza media, con una cicatrice attraverso una guancia. Mi presentai. L’Ufficiale sulla panca si girò con calma, mi esaminò attentamente con due occhi penetranti, come se volesse guardarmi attraverso, e mormorò: “Mauss”.
Velocemente ripetei le istruzioni della Divisione e le intenzioni del Panzerjäger-Abteilung. Il Generale mi ascoltò quietamente. Senza interrompermi aprì una cartella portamappe e la fissò. Improvvisamente, senza levare gli occhi dalla mappa, disse: “Avete una buona memoria”. Un poco confuso, mi interruppi. Allora Mauss fece un cenno del capo, dicendo: “Vada avanti, vada avanti! Mi dica dove siete. Attaccherò tra di un’ora. Prima devo rendermi conto di cosa fanno i russi”. […]
Guidammo quasi sino all’Hauptkampflinee. Il terreno era collinoso, con molti giardini e alberi. I russi stavano concentrando i loro carri armati in pieno giorno, cosa che facevano solo molto raramente. L’aria era scossa dal sordo rombo dei motori. Nuvole di fumo ondeggiavano oltre la città. Vedemmo chiaramente due T-34, che scomparvero nel cimitero.
“Attaccherò là!” disse Mauss, spingendo il suo cappello sulla nuca. Quindi si girò verso di me. “Dica al suo comandante che questo settore è di mia competenza. Può fare ciò che vuole più in basso. Linea di demarcazione: la strada per Raseinen”. […]
Nelle prime ore della mattina del 23 agosto, la rimanente artiglieria aprì il fuoco sulle posizioni russe. La fanteria uscì dalle proprie buche individuali e assaltò il nemico. Per la prima volta in settimane vi erano anche in aria dei caccia tedeschi, che picchiarono come aquile sui concentramenti di carri armati russi. Colti completamente di sorpresa, i russi furono presi dal panico. Il cimitero divenne una trappola per i sovietici. I Panther e i Tiger distrussero un T-34 dopo l’altro. Quelli che riuscirono a scappare, non andarono lontano. Gli Sturmgeschütz e i PAK del nostro Panzerjäger-Abteilung colpirono ottanta carri russi in poche ore. Per mezzogiorno Raseinen era nelle nostre mani. Quindi i sovietici rinnovarono il loro attacco […] altri ventitrè T-34 finirono in fiamme. Vidi Mauss sulla sua macchina, vicino alla mia postazione, mentre l’attacco era in corso. In quel mentre, due T-34 emersero dall’ingresso di una fattoria, ad appena trecento metri di distanza davanti a me. Vidi Mauss abbassarsi. In quel momento aprii il fuoco. La macchina di Mauss si fermò a qualche metro da me. Quando il Generale mi riconobbe, sorrise e mi salutò militarmente. Nello stesso istante, si ricordò che il vecchio saluto militare non era più usato. “Mi perdoni”, disse. “Sembro un secondino quando alzo il braccio”. Quindi affermò: “Lei ha fatto un lavoro eccellente. I miei uomini mi dicono che è entrato in azione molto bene. Lo menzionerò nel mio rapporto. Grazie molte e buona fortuna”. E se ne era andato, il Generale Mauss, il prodigio del fronte di Raseinen.


Brillanten (26) il 15 aprile 1945 quale Generalleut­nant e Comandante della 7. Panzer-Divisi­on. Assegnategli per lo straordinario valore personale mostrato negli scontri avvenuti dal 5 all’otto ottobre 1944 rispettivamente a Tryskiai-Telsche e a sud di Plunge, poi per le battaglie nella zona di Marienburg-Elbing (27 gennaio-10 febbraio 1945), seguiti dai durissimi scontri di Konitz (12-15 febbraio 1945), Rummelsburg (dal 28 febbraio), il raggiungimento della testa di ponte di Gotenhafen (8-11 marzo), la difesa della testa di ponte di Gotenhafen (12-23 marzo) e la difesa di Oxhöfter Kämpe, fino al suo ferimento, il 25 marzo 1945. In questi ultimi combattimenti, Mauss aveva spesso condotto in persona diversi contrattacchi, non esitando a impiegare contro il nemico la Maschinengewehr 42 del suo Schützenpanzerwagen. Durante una ricognizione, il suo mezzo fu colpito in pieno, uccidendo tutti quelli che lo accompagnavano. Colpito dalle schegge di un proiettile d’artiglieria, Mauss ebbe una gamba amputata.

Dopo l’operazione, riuscì ancora a condurre le operazioni da una barella per quattro giorni, ma in seguito ad un suo collasso, fu poi trasferito da Hela a Copenhagen. Su sua richiesta, la 7. Panzer-Division fu evacuata via mare dalla sacca di Gothenafen, e si arrese agli inglesi nella zona di Malchin-Waren. Mauss fu promosso General der Panzertruppe il primo aprile 1945, e il 15 gli furono conferiti i Brillanten. Mauss fu l’ultimo di ben quattro decorati con i Diamanti (Rommel, von Manteuffel, Schulz e lui) che comandarono la famosa 7. Panzer-Division. Fatto prigioniero dagli inglesi, non gli fu dato il permesso di recarsi al funerale della moglie, e quando la sua richiesta scritta fu strappata e gettata a terra dal comandante del campo di prigionia, al Generale fu ordinato di raccoglierne i frammenti. Dopo la prigionia aprì uno studio di dentista, e si risposò nel 1949. La sua richiesta d’arruolamento nella Bundeswehr fu respinta. Una malinconica conclusione per la carriera di uno dei migliori Ufficiali della Wehrmacht, che aveva iniziato il suo cammino durante la prima guerra mondiale, quando si era arruolato quindicenne e per le ripetute prove di coraggio contro il nemico ad Arras, nelle Fiandre, sulla Somme e sull’Isonzo, era stato decorato della Eisernes Kreuz 1. Klasse e promosso Leutnant a soli diciassette anni, divenendo il più giovane Ufficiale dell’intera Armee.

Citato nei Wehrmachtbericht del 13 marzo 1944, 15 agosto 1944 e 20 febbraio 1945
Deutsche Kreuz in Gold l’undici marzo 1943 quale Oberst e Comandante del Panzer-Grenadier-Regiments 33
Spange 1939 zum Eisernes Kreuz I. Klasse 1914 il 25 maggio 1940
Spange 1939 zum Eisernes Kreuz II. Klasse 1914 il 28 settembre 1939
Eisernes Kreuz I. Klasse 1914 il 21 ottobre 1916
Eisernes Kreuz II. Klasse 1914 il 16 settembre 1915
Kgl. Preuss. Flugzeugführer-Abzeichen
Verwundetenabzeichen, 1918, in Schwarz
Schlesischer Adler-Orden II. Stufe
Ehrenkreuz für Frontkämpfer
Wehrmacht-Dienstauszeichnung IV. - III. Klasse
Panzerkampfabzeichen in Bronze
Verwundetenabzeichen, 1939 in Gold
Medaille “Winterschlacht im Osten 1941/1942”
Panzerkampfabzeichen in Silber
Nahkampfspange I. Stufe (Bronze), assegnatagli informalmente per i suoi numerosi combattimenti in prima linea nella prima guerra mondiale.


mercoledì 27 febbraio 2008

Kurt "Panzer" Meyer





SS-Brigadeführer und Generalmajor der Waffen-SS
Kurt Meyer


Nato il 23 dicembre 1910 a Jerxheim bei Braunschweig e morto il 23 dicembre 1961 a Ha-gen in Westfalia.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (291) il 18 maggio 1941 quale SS-Sturmbannführer e Comandante dell’SS-Panzer-Aufklärungs-Abteilung ”Leibstandarte SS Adolf Hitler“. L’SS-Sturmbahnnführer Meyer fornì uno dei contributi più decisivi ai fini della veloce conquista di Kastoria. Questo fortunato attacco fu compiuto di propria iniziativa, grazie ad un’analisi sicura della situazione, peraltro andando ben oltre il compito assegnatogli; in tal modo, una gran parte dell’ala nord greca, che si trovava lungo Kastoria, fu nettamente spezzata in due.


Eichenlaub (195) il 23 febbraio 1943 quale SS-Obersturmbannführer e Comandante dell’SS-Aufklärungs-Abteilung ”Leibstandarte SS Adolf Hitler“. Nella proposta per quest’onorificenza, furono citate le seguenti azioni: il 19 agosto 1941 avvenne lo sfondamento da est verso Cherson, grazie ad un riuscito attacco sul fianco; il 12 settembre 1941, dopo la presa di Nowaja Majatschka, compì un ulteriore attacco verso sudovest, fino alla Hf. Preolashenka. Fu così impedito ai Russi il ritorno Perekof. Con un attacco ben congegnato, il 15 ed il 16 settembre 1941, fino all’istmo di Ssalkowo e Genitschesk, entrambi conquistati, fu interrotto l’ultimo collegamento terrestre e ferroviario dei russi con la Crimea. Nella difesa contro le forze nemiche, che avevano compiuto uno sfondamento nella zona di Jelisawetowka, Meyer compì una difesa mobile su di un ampio fronte, riuscendo ad impedire una ulteriore penetrazione nemica. In seguito, l’Aufklärungsabteilung stabilì una testa di ponte a Terpenja il 5 ottobre. Il 6 ottobre, a Romanowka, fu distrutta una parte del Comando della 9a Armata sovietica. Il 7 ottobre, Meyer conquistò Berdjansk e l’otto ottobre fu la volta di Mariupol. Dopo aver conquistato la stazione ferroviaria di Tschugujev, il 29 gennaio 1943, Meyer sferrò degli altri attacchi dopo aver preso una po-sizione difensiva ad est del Donez, nell’area tra Vorst. Ossimowka-Kolmyzkoja-Malinowka. Furono liberate parti della 298. Infanterie-Division. L’undici febbraio lo Stos-sgruppe di Meyer sferrò un attacco dalla zona sud di Merefa, lungo Nowaja Wodolaga su Jefremowka, mantenne il possesso di quest’ultimo luogo, infliggendo gravi perdite al 747° Reggimento fanteria sovietico e il 21 febbraio annientò la maggior parte della 6a Divi-sione di fanteria sovietica, che si era ritirata nell’area di Jeremejewka-Kegitschewka-Krutojarowka. La motivazione completa è riportata qui di seguito:

Il 19 agosto 1941 Meyer riuscì a penetrare nella duramente difesa area di Cherson con un attacco avvolgente da est. Grazie a quest’azione il forte fronte difensivo nemico si sfaldò. La città cadde nelle nostre mani con le preziose installazioni portuali ed industriali quasi intatte. Un gran numero di imbarcazioni armate vennero distrutte e bloccando il traffico stradale sul fiume Dnjepr la ritirata delle forze nemiche difendenti la città venne considerevolmente bloccata. Il 12 settembre 1941 l’Aufklärungs-Abteilung, dopo la presa di Nowoja Majotsk, si spinse in profondità verso sudovest, attraversando l’asse di ritirata delle forze nemiche, raggiungendo il caposaldo fortificato di Rf. Presbnodenka. Considerevoli forze nemiche dovettero quindi ritirarsi su Perekop e pesanti perdite in uomini e materiale inflitte al nemico. Inseguendo le forze in ritirata della 9a Armata sovietica, l’SS-Obersturmbannführer Meyer si spinse tra il 15 e 16 settembre 1941, con il suo Aufklarungs-Abteilung in una temeraria avanzata, raggiungendo l’istmo tra Ssolwova e Genitschesik. Catturando ambedue i villaggi venne preso anche l’ultimo collegamento ferroviario e terrestre delle forze russe combattenti in Crimea, catturando anche un treno carico di materiale militare e 100 veicoli. In difesa contro forze russe penetranti nell’area di Jelisaweto-wka, il comandante del Aufklärungs-Abteilung riuscì a prevenire, tramite una difesa mobile, ulteriori avanzate del nemico. Nell’attacco successivo, l’SS-Obersturmbannführer Meyer si inserì tra il nemico in ritirata, e a dispetto della forte resistenza stabilì una testa di ponte a Terpenjo. Questa azione creò le condizioni per l’inseguimento del nemico in ri-tirata dal corpo principale della Standarte. Il 5 ottobre 1941 il comando della 9a Armata sovietica in Romanowka si disperse. Nell’avanzata verso Berdjansk il 7 ottobre 1941 l’SS-Obersturmbannführer Meyer penetrò nella città contro forti colonne nemiche. Con quest’azione si prevenne la distruzione d’importanti fabbriche d’armi. Durante il rastrellamento della città forti reparti nemici furono annientati. Continuando l’inseguimento, nonostante la presenza di forti forze nemiche sul lato sinistro, nell’ottobre 1941 Meyer riuscì a penetrare in Mariupol, che con più di 500.000 abitanti era la città più importante nel sud della Russia dopo Odessa. […] A dispetto della forte resistenza nemica sezioni dell’Aufklarungs-Abteilung sotto la direzione personale di Meyer si spinsero verso sud-est riuscendo a soccorrere la 298. Infanterie-Division, circondata da russi. Trasferitasi la divisione nell’area di Norefa, all’SS-Obersturmbannführer Meyer venne dato il compito di raggiungere Jefremowka attraverso Novaja Wolocz, raggiungendo l’obbiettivo nonostante la resistenza del nemico grazie al suo personale coraggio. Solo con la sua unità, isolato dalle proprie linee di collegamento,riuscì a tenere l’obbiettivo assegnato contro attacchi di forze nemiche vastamente superiori. Durante quest’azione l’Aufklärungs-Abteilung riuscì ad impegnare forti forze nemiche, permettendo il conseguente annientamento del 6° Corpo di Cavalleria delle Guardie. Quando, dopo lo spiegamento di nuove unità, l’avversario tentò di attaccare il fianco sud della LSSAH attraverso attacchi in massa della 172a Divisione Fucilieri sovietica, l’SS-Obersturmbannführer Meyer con il suo Aufklärung Abteilung e il supporto di una compagnia di Panzer riuscì a respingere tutti gli attacchi contro il caposaldo di Jefremowka. Durante i combattimenti seguenti venne completamente distrutto il 747° Reggimento di Fanteria. Il nemico perse, a parte numerose armi leggere:

2 Batterie di cannoni anticarro da 7.62cm (8 pezzi)
18 cannoni anticarro
un grande numero di fuciloni anticarro
e circa 1500 nemici caduti

Il 21 febbraio 1943 […] l’SS-Obersturmbannführer Meyer con il suo Aufklärungs-Abteilung annientò quattro forti colonne nemiche, con solo perdite limitate nella sua unità (tre morti, di cui un Ufficiale, e undici feriti, di cui un Ufficiale), catturando inoltre:

17 cannoni anticarro calibro 7.62cm
4 cannoni anticarro calibro 4.5cm
7 mortai pesanti e innumerevoli armi leggere

Schwerter (91) il 27 agosto 1944 quale SS-Standartenführer e Comandante della 12. SS-Panzer-Division ”Hitlerjugend“. Kurt Meyer assunse nel giugno 1943 il comando dell’SS-Panzer-Grenadiere-Regiment 25 della 12. SS-Panzer-Division “Hitlerjugend” e promosso SS-Standarteführer il 21 giugno 1943. La “Hitlerjugend” venne quindi coinvolta nei combatti-menti in Normandia, perdendo il suo comandante, Fritz Witt, il 14 giugno 1944, colpito dal fuoco navale Alleato. Meyer assunse quindi il comando della divisione, guidandola nella difesa di Caen e nella successiva manovra di copertura del ripiegamento delle forze tedesche ad est dell’Orne, essendo promosso SS-Brigadeführer und Generalmajor der Waffen-SS e decorato delle Schwerter alla Ritterkreuz, ottenute per i grandi successi riportati nei duri scontri nella zona di Caen, dove per lungo tempo il nemico non riuscì a compiere alcuno sfondamento, nonostante i ripetuti tentativi. Grazie alla sua iniziativa personale, Meyer era riuscito a spingere all’attacco i suoi giovani soldati, anche nelle situazioni più disperate. Venne quindi catturato vicino a Liegi il 6 settembre 1944, e internato in un campo POW inglese. Incriminato dopo la guerra per l’uccisione, da parte di alcuni suoi subordinati, di alcuni prigionieri canadesi, avvenimento accaduto in prima linea dopo accaniti combattimenti, venne condannato a morte, con sentenza poi commutata in carcere. Rilasciato nel 1954, Kurt Meyer morì di un attacco di cuore il 23 dicembre 1961.

Citato nel Wehrmachtbericht del 29 giugno 1944.
Deutsche Kreuz in Gold l’otto febbraio 1942 quale SS-Sturmbannführer e Comandante dell’SS-Aufklärungs-Abteilung “Leibstandarte SS Adolf Hitler“.
Eiesernes Kreuz I Klasse 1939 l’otto giugno 1940
Eisernes Kreuz II Klasse 1939 il 20 settembre 1939
Ehrendolch der SA
Winkel für alte Kämpfer
Ehrendegen des Reichsführer-SS
Totenkopfring der SS
Julleuchter der SS il 16 dicembre 1935
SA-Sportabzeichen in Silber
Reichssportabzeichen in Bronze
DLRG-Abzeichen in Bronze
Medaille zur Erinnerung an den 13 marzo 1938
Medaille zur Erinnerung an den 01 ottobre 1938 mit Spange “Prager Burg“
Verwundetenabzeichen in Schwarz
Infanterie-Sturmabzeichen in Bronze
Medaille “Winterschlacht im Osten 1941/1942“ il 4 settembre 1942
Verwundetenabzeichen in Silber
SS-Dienstauszeichnung 2. Stufe

Tratto da:


giovedì 7 febbraio 2008

La Linea Gotica ero io



La Linea Gotica ero io. Là dove sono state costruite autentiche opere di difesa militare, quarant’anni non sono valsi a cancellarne i resti. Andate a vedere la Linea Sigfrido e la Linea Maginot con i grandi ouvrages che si sprofondano sottoterra per molti piani. Hanno demolito a man salva per quattro decenni... ma non sono riusciti a cancellare le vestigia di queste fortificazioni. Sul Vallo Atlantico è la stessa cosa: i ruderi resistono sempre. Cercate di rammentare quanti bunker in calcestruzzo, quante cupole di acciaio avete notato recandovi da Milano a Rimini. In quale punto del vostro viaggio siete incespicati nella Linea Gotica? In nessuno, pensateci bene... in nessuno. Sono state sufficienti la pioggia e la neve di un paio di inverni per cancellare la Lineo Gotica, la mia linea. La Linea Gotica che ho fatto io, scavando febbrilmente con la mia vanghetta lunga due palmi, quando incastrarsi, scomparire nel terreno voleva dire avere qualche probabilità di guadagnarsi un’altra giornata di vita. Gli ultimi aerei nostri li avevamo visti sopra la testa in giugno o luglio del ‘44. Gli ultimi carri armati erano scomparsi in agosto. Non avevamo quasi più artiglieria. Ci muovevamo a piedi e solo di notte. La Linea Gotica eravamo noi, con le nostre buche e la nostra vanghetta... Però per gli ultimi cinque mesi del 1944 e i primi quattro del ‘45 questa linea è rimasta ancorata alle montagne appenniniche. Dove anche senza cannoni, senza carri armati, senza aeroplani, ma disponendo di vanghette e fucili si poteva fare la guerra. Quindi non perdete tempo... a cercar bunker in calcestruzzo, perché ormai lo sapete: la Linea Gotica ero io.

Helmut Soderbaum, veterano della Wehrmacht (da Davide Del Giudice, Riccardo Mori, La Linea Gotica)

lunedì 4 febbraio 2008

giovedì 31 gennaio 2008

Josef Dietrich



Tratto da:
I Decorati della Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern
Vol. II Luftwaffe-Kriegsmarine-Waffen-SS

SS-Oberstgruppenführer und
Panzer-Generaloberst der Waffen-SS
Josef “Sepp” Dietrich


Nato a Hawangen il 28 maggio 1892 e morto il 22 aprile 1966 a Ludwigsburg, nel Württemberg.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (120) il 4 luglio 1940 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante del (verst.) SS-Infanterie-Regiment (mot.) “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Grazie all’autonoma risoluzione nella guida della sua unità, conclusasi con la conquista della testa di ponte sul canale Aa, presso Watten, avvenuta il 26 mag-gio 1940, l’SS-Obergruppenführer Sepp Dietrich aveva influenzato in modo decisivo il veloce proseguimento delle operazioni su Wormhout, e anche successivamente, come era del resto già avvenuto in Polonia, si era particolarmente distinto per il proprio valore e la collaborazione con reparti corazzati e motorizzati della Heer.

Eichenlaub (41) il 31 dicembre 1941 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante della SS-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Per le eccezionali qualità offensive mostrate nella battaglia del Mare d’Azov e nella presa di Rostov.

Schwerter (26) il 14 marzo 1943 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante della SS-Panzer-Grenadier-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Ottenute per la riconquista di Kharkov, dal 10 marzo 1943 al 14 marzo 1943 e per le vittoriose battaglie difensive e offensive combattute tra il Donets e il Dnieper.

Brillanten (16) il 6 agosto 1944 quale SS-Oberstgruppenführer e Panzer-Generaloberst der Waffen-SS e Generale Comandante il I. SS-Panzer-Korps. Assegnate a Dietrich per il notevole contributo personale mostrato nell’arrestare l’avanzata delle truppe anglo-canadesi nell’area di Caen, in una durissima battaglia durata due mesi. Comandò quindi la 6. Panzer-Armee nel’Offensiva delle Ardenne, e in Ungheria.

Dopo la fine della guerra, catturato dagli Alleati, fu posto sotto giudizio nel processo di Malmedy, poiché accusato di aver dato ordini che incoraggiavano i suoi subordinati a non fare prigionieri. Charles Messenger (Graduate della Royal Military Academy di Sandhurst) nel suo libro Hitler’s Gladiator, una documentata biografia di Josef Dietrich, analizzando le prove portate al processo e, facendo altre considerazioni, conclude come non vi siano prove che Dietrich abbia mai dato quest’ordine, spiegando inoltre come:

[…] risulti difficile non concludere che gli americani erano determinati a portare Dietrich in giudizio non tanto per cosa avessero o meno compiuto i suoi soldati, ma solo perché era lui.

Messenger fa anche questa lucida ed equilibrata analisi:

Il 328th US Infantry Regiment […] in un ordine datato 21 dicembre 1944, specificava che “nessun SS o paracadutista sarà preso prigioniero, e saranno uccisi sul posto” […] e sono elencati un gran numero di casi dove questo ordine fu effettivamente messo in pratica. La vendetta, d’altra parte, non è considerata un’attenuante dalla Convenzione di Ginevra, e quindi anche gli americani erano parimenti colpevoli di crimini di guerra. L’unica differenza è che, alla fine, furono loro i vincitori.

Notiamo en passant che, dai prigionieri italiani inermi uccisi dai GI a Biscari e Comiso in Sicilia, risultato questo degli ordini impartiti dal Generale George Patton prima dello sbarco di non prendere prigionieri (ordine confermato da numerosi testimoni americani in sede di giudizio), ai casi di prigionieri tedeschi passati per le armi in Normandia, gli Alleati non ebbero sicuramente bisogno di “vendette” per compiere crimini di guerra, i cui perpetratori non furono quasi mai perseguiti. Su questo tristemente poco conosciuto argomento, basti citare i seguenti passi del diario di Norman Lewis, Ufficiale del Field Security Service inglese in Italia nel 1943…

11 settembre. Alcuni americani della 45a Divisione ci hanno detto di aver ricevuto dai loro Ufficiali l’ordine di non fare prigionieri tedeschi e anzi di finire col calcio del fucile quelli che tentano di arrendersi.

28 settembre. Ricoverato al 16th Evacuation Hospital americano di Paestum […] La maggior parte dei pazienti ha ferite di combattimento, e da molti di loro ho avuto conferma della storia che avevo trovato davvero incredibile, e cioè che alle unità combattenti americani gli Ufficiali hanno dato ordine di colpire a morte i tedeschi che tentino di arrendersi. Questi uomini sembrano molto ingenui e infantili, ma cominciano a mettere in dubbio che un ordine del genere sia morale.

…e il seguente passo del notissimo libro di Cornelius Ryan Il giorno più lungo:

Il marinaio Edward Ashwort, disceso da un LCT […] vide alcuni canadesi che conducevano sei prigionieri di guerra tedeschi dietro una duna […] Ashworth pensò che era la volta buona per impadronirsi di un elmetto da tenere come ricordo. Corse lungo la spiaggia e scoprì i sei tedeschi “accartocciati per terra”. Si chinò su uno dei corpi, ancora deciso a prendersi un elmetto. “Ma vidi che la gola dell’uomo era stata tagliata, a ognuno di loro era stata tagliata la gola”.

Tornando a Messenger, la sua valutazione sulla figura di Dietrich come uomo e Ufficiale è la seguente:

Che fosse un uomo molto coraggioso è certo, e che questo non fosse solo coraggio fisico, ma anche morale, specialmente riguardo agli interessi dei suoi uomini, in contrapposizione alle gerarchie del Terzo Reich. Sotto la sua dura scorza, vi era un uomo molto caloroso. John Toland, che lo conobbe nei suoi ultimi anni di vita, si formò di lui una opinione molto favorevole, e volle capovolgere il ritratto che ne aveva fatto precedentemente nel suo libro Battle: The story of the Bulge, dipingendolo come un “volgare e rozzo ubriacone”. In effetti, la sua immagine popolare era stata largamente formata dalla propaganda Alleata bellica e immediatamente post-bellica. […] È fuori di dubbio che egli avesse delle naturali, eccezionali qualità di capacità di comando. Ottenne anche dei notevoli successi in qualità di Generale, degni di nota visto il fatto che gli mancava l’addestramento e l’educazione normalmente posseduta da un comandante della sua anzianità [Messenger mette anche giustamente in rilievo come, negli Stati Maggiori tedeschi, questa mancanza di Dietrich avesse un peso minore che in altri Eserciti, data la grande importanza che avevano gli Ia, ossia gli Ufficiali addetti alle operazioni, nello stendere i piani. Dietrich ebbe la fortuna di avere nel suo Staff alcuni tra i migliori di questi ultimi, come Kramer e Lehmann, NdA].

Dopo questi commenti da parte avversa, aggiungiamo una testimonianza di Rudolf Lehmann, uno dei suoi principali Ufficiali di Stato Maggiore:

Sicuramente – il nostro vecchio comandante, per noi suoi subordinati “Obersepp” – non era un fine stratega, ma era un comandante di uomini e soldati di prima classe. Non poteva usare questo dono come Generale Comandante o come Comandante in Capo di un’Armata, e ne soffriva moltissimo. Non era neanche abile a formulare in modo perfetto un giudizio tattico su una data situazione, ma possedeva un sesto senso nell’identificare quelli che potevano diventare dei punti di crisi, e specialmente per come porvi rimedio. I suoi discorsi, molto rari e comunque sempre brevi, non contenevano alcun colpo di genio oratorio, ma ci si rendeva conto che venivano dal cuore e andavano da un cuore all’altro. Quell’uomo aveva un carisma straordinario. Chi lo ha conosciuto può solo ricordare con stupore e ammirazione come si mise davanti a un’onda umana di soldati tedeschi in rotta, in una notte di crisi, dove tutti stavano fuggendo dal nemico. Con il bavero del suo cappotto tirato su, e ambo le mani sprofondate nelle tasche, emettendo dei suoni in-comprensibili, ma dal tono infuriato, non solo fermò questi soldati, ma li fece anche tornare indietro verso la prima linea. E non potrà mai dimenticare neanche il suo consueto avvertimento ai Comandanti: “Portatemi i miei uomini indietro!”.

Spange 1939 zum Eisernen Kreuz I Klasse, il 27 ottobre 1939
Spange 1939 zum Eisernen Kreuz II Klasse, il 25 settembre 1939
Eisernes Kreuz I Klasse 1914 nel giugno 1918
Eisernes Kreuz II Klasse 1914 il 14 novembre 1917
K.u.K. Österr. Bronzene Tapferkeitsmedaille Kgl. Bayer. Militär-Verdienstkreuz III. Klasse mit Schwertern und mit der Krone, il 5 luglio 1918
Verwundetenabzeichen in Schwarz
Panzerwagenkampfabzeichen in Silber (istituito il 13 luglio 1921)
Schlesischer Adler-Orden II. - I. Stufe
Militär-Dienstauszeichnung 3. Klasse für 9 Dienstjahre (Bayern)
Blutorden der NSDAP il 3 marzo 1934 Goldenes Ehrenzeichen der NSDAP, nel 1934
Ehrenkreuz für Frontkämpfer
Ehrendegen des Reichsführer-SS
Totenkopfring der SS
SS Zivilabzeichen Nr. 7
Julleuchter der SS il 16 dicembre 1935
Winkel für alte Kämpfer
Deutsches Reichssportabzeichen in Gold
SA-Sportabzeichen in Gold
Wehrmacht-Dienstauszeichnung IV. Klasse
Wehrmacht-Dienstauszeichnung III. Klasse
Deutsches Olympia-Ehrenzeichen I. Klasse
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia
Cavaliere di gran Croce dell'Ordine dei SS Maurizio e Lazzaro
Medaille zur Erinnerung an den 13.3.1938
Medaille zur Erinnerung an den 1 ottobre 1938 mit Spange "Prager Burg"
SS-Dienstauszeichnung II. Stufe il 9 novembre 1940
Dienstauszeichnung der NSDAP in Gold
Wehrmacht-Dienstauszeichnung I. Klasse
Medaille "Winterschlacht im Osten 1941/1942"
Krimschild
Grande Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia
Gemeinsames Flugzeugführer- und Beobachter-Abzeichen in Gold mit Brillanten

mercoledì 30 gennaio 2008

Hasso von Manteuffel



Capitolo tratto da:

I Decorati della Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern
Vol. 1 - Heer

General der Panzertruppe Hasso von Manteuffel

Nato il 14 gennaio 1897 a Potsdam e morto il 24 settembre 1978 a Reith im Alpbachtal, in Austria.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (772) il 31 dicembre 1941 quale Oberstleutnant e Comandante dello Schützen-Regiment 6, 7. Panzer-Division. La conquista del ponte, ancora intatto, che si trovava sul canale del Volga-Moskva presso Jachroma, avvenuta il 28 novembre 1941, rappresentò un’impresa straordinariamente importante per il Comando Supremo. Il Panzergruppe ottenne così il trampolino di lancio per poter proseguire l’attacco in una direzione decisiva, che peraltro dovette poi essere purtroppo interrotto per mancanza di forze. Fu proprio grazie all’Oberstleutenant von Manteuffel, già noto per essere un valoroso comandante, alla sua personale e rapida risoluzione di proseguire l’attacco durante la notte, alla sua lungimirante prudenza e soprattutto all’esempio personale, che invitava all’emulazione, che si poté ottenere un successo così importante.


Eichenlaub (332) il 23 novembre 1943 quale Generalmajor e Comandante della 7. Panzer-Division. Nella notte del 6 novembre 1943 Kiev dovette essere abbandonata agli avversari. Il nemico attaccò in direzione Zhitomir e conquistò la città. Il Panzer-AOK 4 era in pericolo. Il 14 novembre, la 7. Panzer-Division passò al contrattacco, superò Ivniza, e il 15 novembre sferrò un attacco in direzione nord-ovest, sulla Rollbahn Kiev-Zhitomir, raggiungendo, avanzando senza protezione sui fianchi, l'ansa del Teterev, a quattro chilometri a nordest di Zhitomir. Il 16 novembre fu presa Levkoff (dodici chilometri ad est di Zhitomir). Grazie all’attacco contro Vazkoff, i sovietici erano stati accerchiati a Zhitomir. In una azione notturna condotta con solo sei Panzer (al comando dell’Oberstleutnant Adalbert Schulz, decorato delle Schwerter) e un centinaio di Panzergrenadiere, von Manteuffel, con il suo Schützenpanzerwagen nell’avanguardia, pose le basi per la riconquista della città di Zhitomir.


Schwerter (50) il 22 febbraio 1944 quale Generalmajor e Comandante della 7. Panzer-Division. La 7. Panzer-Division doveva impedire l’attacco frontale del nemico a Korosten. Il 20 novembre 1943 iniziò l’attacco della stessa Divisione, a nord del Teterev su Studniz (a nordovest di Zhitomir), a sud verso Radomyschl, fino a Teterev. Il 22 novembre, presso Nebyliza, von Manteuffel era già avanzato di sessantacinque chilometri. Dopo il raggruppamento, il 7 dicembre fu raggiunta Njanevka (dodici chilometri a sudovest di Mlin, sull’Irscha). Il 10 dicembre fu assaltato il centro abitato di Malin, situato a sud di Irscha. In questi scontri, von Manteuffel condusse personalmente l’attacco, nelle posizioni più avanzate, con sei Panzer e una Kompanie del Panzer-Aufklärungs-Abteilung, contro la difesa del nemico, eseguita su tre lati, assaltò poi la cittadina al centro della resistenza nemica, distrusse le forze corazzate appostate a sud della località, distruggendo venticinque mezzi corazzati, e respingendo forti reparti di fanteria sovietica. Nell’area di Korosten, la 7. Panzer-Division aveva affrontato da sola una intera Armata, e grazie all’abilità tattica di Manteuffel nell’uso di unità mobili, e ai continui e fulminei contrattacchi, impedì ai sovietici di sfondare in profondità in questo settore.


Brillanten (24) il 18 febbraio 1945 quale General der Panzertruppe e Oberbefehlshaber della 5. Panzer-Armee. Ottenuti per i successi iniziali durante l’offensiva delle Ardenne (da notare che la 5. Panzer-Armee doveva avere un ruolo secondario nell’attacco, ma in realtà Manteuffel riuscì nella penetrazione maggiore delle linee statunitensi, arrivando quasi alla Mosa. Manteuffel sferrò l’attacco della sua Armee senza una preparazione d’artiglieria preliminare, tattica rischiosa, ma che garantiva l’effetto sorpresa, assieme alle tattiche d’infiltrazione impiegate dalla fanteria tedesca. La 28th e 106th US Infantry Division furono duramente colpite, subendo 9.000 perdite nello Schnee Eifel) e per il successivo movimento di ripiegamento in cui creò un fronte stabile ad ovest del Reno. Il 5 marzo 1945 ottenne il comando della 3. Panzerarmee, comandandola durante i combattimenti di ripiegamento in Pomerania e Meclenburgo. Catturato dagli americani a fine guerra, fu rilasciato nel 1947. Entrato in politica con il Freie Demokratische Partei (Partito Liberaldemocratico), presenziò nel Bundestag dal 1953 al 1957. Manteuffel suggerì anche la nuova denominazione delle nasciture FF.AA. tedesche: Bundeswehr. Invitato ufficialmente più volte negli Stati Uniti d’America, fu stimato ospite del Presidente Dwight D. Eisenhower e del Generale William Westmoreland, e nel 1968 tenne una serie di lezioni all’Accademia militare di West Point. Fu anche consulente nella realizzazione di film di guerra. Una delle famiglie della nobiltà militare più antiche della Germania, i Manteuffel avevano dato alla Prussia numerosi condottieri: di questi ben sei Generali tra il 1700 e il 1900, oltre al Generalfeldmarschall Edwin Karl Rochus Freiherr von Manteuffel (1809-1885), insignito della Pour le Mérite il 7 agosto 1866 per i suoi successi nella guerra contro l’Austria.


Una delle azioni più brillanti di Manteuffel fu la sua conduzione della Panzer-Grenadier-Division “Grossdeutschland” nella battaglia di Targul Frumos, durante l’avanzata russa in Romania. Così Manteuffel descrisse il suo piano e l’andamento della battaglia:


Il mio piano di battaglia era approssimativamente questo: visto che potevo stimare come altamente probabile, e non certo, che il nemico avrebbe attaccato con forti unità corazzate, assieme ad una munita artiglieria aiutata da buone possibilità d’osservazione, decisi di respingere l’attacco attraverso l’uso del Panzer-Regiment unito, impiegando tattiche di guerra di movimento. Nelle mie istruzioni non lasciai dubbio alcuno sul fatto che i Reggimenti della Divisione avrebbero dovuto difendersi da soli, poiché i nostri Panzer non avrebbero potuto essere dappertutto. […] Io mi riservai quindi la decisione di impiegare i Panzer e in seguito presi parte in tutte le fasi dell’attacco del Panzer-Regiment. In effetti sino al mattino dell’attacco non avevo idea di dove potesse essere il punto focale dell’attacco russo. Pensavo fosse probabile che attaccassero dulla sinistra; poiché i russi avrebbero sicuramente sperato di mettere in fuga i rumeni lì schierati, e sfruttando questo successo parziale, di attaccare sul fianco la mia Divisione. Il successo del mio piano di battaglia dipendeva da: l’accurata trasmissione delle informazioni ottenute attraverso la ricognizione e la loro diffusione all’intera Divisione, il miglioramento accurato e pratico delle posizioni difensive della fanteria, i ben congegnati piani di fuoco per tutte le armi (le armi pesanti di fanteria, le armi controcarro, inclusi gli elementi dello Sturmgeschütz-Abteilung, assegnate ai Reggimenti di fanteria, l’artiglieria e i pezzi contraerei assegnati al ruolo controcarro), stesi tenendo conto del tipo di arma, calibro e delle munizioni. Degli accordi devono essere presi con le unità vicine riguardo alle linee di demarcazione tra reparti, e devono essere preparate delle concentrazioni di fuoco pesanti e pesantissime. I tiri di registrazione, eseguiti senza attrarre attenzione, sono basilari per questi ultimi. Il posto di comando Divisionale era praticamente ideale. Come menzionato prima, era posto su un pendio a sud di Targul Frumos. I punti di osservazione ivi installati permettevano l’osservazione attraverso la vista e il suono dell’intero settore di combattimento. A dispetto dei preparativi più elaborati, il fattore decisivo nella difesa è il potenziale di combattimento delle truppe. […] Eravamo in stretto contatto con le unità aeree della Luftwaffe.I russi non intrapresero alcun’azione contro la Divisione agli inizi d’aprile. Vi era poca attività della loro artiglieria, poiché stavano ovviamente risparmiando munizioni. La ricognzione riferì di nuove Batterie nemiche. Come sempre, le unità statiche di fanteria rimasero ferme sino all’inizio dell’attacco. […] Tutti i segni puntavano al 30 aprile o al primo maggio come data d’inizio dell’attacco. Il tempo era buono, il cielo sereno, il terreno era secco. Le condizioni di visibilità erano molto buone. L’alba arrivò alle 04.00 circa. Il primo maggio, il giorno prima dell’attacco, tutto era quieto come sempre. A mezzogiorno, le ricognizione aerea riferì di pesanti concentramenti di truppe nel retrofronte nemico. Richiesi pertanto un bombardamento aereo per la sera del primo maggio, che fu eseguito. Numerosi incendi ed esplosioni secondarie ci fecero concludere come l’attacco avesse avuto successo. I prigionieri presi il giorno seguente lo confermarono.Il 2 maggio 1944 la giornata iniziò alle 04.00 con un vivace fuoco di artiglieria, principalmente concentrato sulla prima linea e che non si estendeva sul retrofronte. La nostra mimetizzazione doveva essere efficace, poiché le perdite in uomini e materiale erano state molto basse; era essenzialmente un fuoco di disturbo, che come spesso era il caso con i russi, fu mantenuto ostinatamente. […]L’attacco delle forze corazzate sovietiche iniziò un’ora dopo l’inizio del bombardamento, e circa mezz’ora dopo, il tiro dei corazzati iniziò a cadere su Tragul Frumos. Vidi dal mio posto di comando i carri armati avanzare verso la città. La nostra fanteria si lasciò sorpassare dai carri, in modo da lasciarli al Battaglione FlAk da 8.8 cm trincerato all’entrata settentrionale di Targul Frumos. La maggior parte dei carri armati, circa venticinque, fu colpita e incendiata; il resto, una decina, incappò nell’area di assembramento del nostro Panzer-Regiment e fu distrutta.Presto ebbi l’impressione che l’attacco principale sarebbe arrivato dall’area a nordovest di Targul Frumos verso la città, e ordinai quindi al Panzer-Regiment di prendere posizione dietro una cresta ad ovest di Targul Frumos, dietro il settore tenuto dal Panzer-Grenadier-Regiment. Sul pendio era interrata e ben mimetizzata una Batteria di Sturmgeschütz. Circa due Compagnie di carri armati russi, ossia trenta carri, attaccarono il pendio proprio mentre stavo guidando sin lì. La fanteria schierata in fondo al pendio permise ai carri, che stavano muovendosi a gran velocità, di sorpassarla. La Batteria di StuG lasciò che i carri armati si avvicinassero sino a trecento metri di distanza, e poi li distrusse tutti. La maggior parte di corazzati nemici esplose in piccoli pezzi. In seguito mostrai qualcuno di questi pezzi a degli esperti, per mostrargli l’eccezionale efficacia delle nostre munizioni perforanti. Non subimmo perdite! Un’altra Compagnia russa si mosse in fila indiana oltre Ruginoasa, dove i rumeni si erano dispersi come ci si aspettava. Fu identificata in tempo da una Kompanie di nostri Panzer e completamente distrutta. La mia impressione iniziale fu confermata alle ore 0800. Arrivarono ondate dopo ondate di carri armati, che noi ingaggiammo da delle posizioni preparate ben situate. Mentre stavo comunicando via radio con il comandante del Panzer-Regiment nel suo Befehlswagen, dei proiettili di grosso calibro, sparati da cannoni di carri armati, sibilarono oltre i nostri veicoli. Essi erano stati sparati da una grande distanza. Ci rendemmo rapidamente conto che provenivano da dei carri armati pesanti a 3.000 metri di distanza. Inizialmente pensammo ambedue che fosse un errore da parte di una Kompanie di Tiger, poiché non avevamo mai incontrato dei carri russi così pesanti. Una Kompanie di Tiger fu fatta avanzare, e aprirono il fuoco su quei carri. Potemmo vedere chiaramente i proiettili che li colpivano, e tuttavia rimbalzare sulla loro corazza frontale. Il comandante del Tiger-Abteilung, che era presente, ordinò ai suoi carri di attaccare. I Tiger serrarono le distanze a 2.000-1.800 metri dai corazzati nemici, e aprirono il fuoco su di essi. Quattro dei carri nemici furono presto in fiamme, altri tre ripiegarono a gran velocità. Ordinai ad una Kompanie di Panzer IV di aggirare Ruginoasa, e di inseguire e distruggere quei carri. Questi carri armati, veloci e manovrieri, furono così fortunati da avvicinarsi a 1.000 metri dai giganti corazzati russi, e attaccarli da tergo. I carri nemici si arrestarono, e apprendemmo in seguito che erano bruciati. Ho menzionato questi carri armati Stalin diverse volte. Vantaggi: un potente cannone, spessa corazzatura, e una bassa sagoma (circa 51 cm in meno che il nostro Panzer V); svantaggi: lento e non abbasatanza manovrabile, inoltre mi parve che i loro equipaggi non fossero sufficientemente familiari con il proprio mezzo. Descrivere la battaglia nel dettaglio occuperebbe troppo spazio, quindi descriverò il suo andamento a grandi linee: Alle ore 11.00 circa, il Panzer-Regiment aveva distrutto duecentocinquanta corazzati nell’area delle posizioni del Panzer-Grenadier-Regiment. Vidi esitare l’attacco nemico. I russi avevano ancora molti carri, ma essi si limitavano a spararci da raggio estremo, senza attaccare. Inizialmente non avevamo alcun interesse ad attaccare così in profondità nelle posizioni nemiche con i nostri carri armati, speravamo di poterli affrontare l’indomani o in un altro punto. Nel frattempo dei rapporti allarmanti provenivano dal Panzer-Füsilier-Regiment (settore destro della Divisione) sin dalle 09.00. Trentadue carri armati russi erano entrati nel villaggio nel quale era posizionato il comando Reggimentale. Otto furono distrutti in uno scontro ravvicinato nel quale prese parte anche il comandante di Reggimento. Le linee del Panzer-Füsilier-Regiment furono sfondate in diversi punti, ma tennero duro. Come il Panzer-Grenadier-Regiment, i Füsilier erano riusciti a separare la fanteria dai corazzati, e a trattenerla. I carri sovietici ora dovevano combattere da soli. Avevo promesso al mio amico, l’Oberst Niemack, il comandante del Panzer-Füsilier-Regiment, che sarei venuto in suo aiuto con il Panzer-Regiment entro le 12.00. La situazione era nel frattempo diventata estremamente critica. Ci fu un rinnovato pesante attacco di forti reparti corazzati russi dopo le 11.00. Ordinai quindi ai Panzer di interrompere l’attacco nel settore ad ovest di Targul Frumos e di riunirsi nell’area di Tragul Frumos. Il comandante del Panzer-Regiment, che era a Targul Frumos, prese l’iniziativa e fece tutti i preparativi necessari per rifornire il Reggimento di carburante e munizioni. Un Abteilung misto di Panzer V e VI agli ordini del comandante dei Tiger fu lasciato dietro nel settore del Panzer-Grenadier-Regiment. Io stesso mi diressi [sul suo Befehlswagen, un Sd. Kfz. 251, NdA] verso il Panzer-Füsilier-Regiment con una Kompanie di Panzer IV. Stimai la situazione e il terreno e mandai il Panzer-Regiment, che seguiva, all’attacco mentre era ancora in movimento. […] I carri del Panzer-Regiment distrussero subito trenta carri russi che stavano muovendosi a tergo del Füsilier-Regiment. Al calar della notte, l’intervento del Panzer-Regiment aveva ripristinato la situazione in questo settore. Al termine della notte, poco prima dell’alba, un mezzo Abteilung di Panther e uno di Tiger fu schierato in ambo i settori, in modo da poter battere il terreno davanti alla nostra fanteria quando ci fosse stata luce sufficiente. La notte del 2 maggio le straordinarie perdite nemiche in corazzati, oltre al fatto che la fanteria nemica da nessuna parte aveva raggiunto i suoi obiettivi iniziali, mi fece ben sperare, sensazione che fu presto confermata. I russi attaccarono nuovamente il 2 e il 3 maggio, ma a dispetto di un massiccio supporto di carri armati, i loro assalti furono fermati davanti o nelle nostre posizioni. I nostri bombardieri portarono a termine molte missioni il 2 maggio, compreso anche il Geschwader controcarro di Rudel. […] Le nostre perdite in carri armati non avevano raggiunto i dieci mezzi, anche se un numero considerevole era stato danneggiato, ma grazie all’efficentissimo servizio di riparazione del Panzer-Regiment, esso non ebbe una sostanziale perdita della sua forza in armi, rimanendo, come spesso succedeva, il fedele servitore della coraggiosa fanteria [le perdite della fanteria della “Grossdeutschland” furono però pesanti: ad esempio, il II/Panzer-Grenadier-Regiment GD dovette essere sciolto a causa delle perdite subite, NdA]. Il successo fu grande: fu evitato uno sfondamento in direzione di Ploesti […]. Stimo che le perdite nemiche ammontarono a trecentocinquanta carri armati distrutti e altri duecento danneggiati. […]Il mio piano di battaglia era basato sui seguenti fatti e lezioni dalle mie passate esperienze, che furono confermate: La Divisione doveva difendere, ossia tenere, le sue posizioni, non ci doveva essere alcun combattimento di ripiegamento; questo dovette essere reso chiaro anche al soldato semplice, altrimenti i Caposquadra della fanteria si sarebbero ritenuti autorizzati a combattere un’azione ritardatrice e ripiegare temporaneamente. Le fondamenta della difesa erano formate dalla cooperazione più stretta possibile tra la fanteria e le armi che la appoggiavano nella battaglia: le loro armi pesanti, gli Sturmgeschütz, l’artiglieria e i Pioniere; ma la fanteria era il primo violino, e tutte le altre armi dovevano adattarsi alle sue legittime richieste. Le forze corazzate dovevano essere tenute assieme, e tenute vicino al fronte, per contrattaccare rapidamente i carri armati nemici.La fanteria conduceva la difesa da nidi di resistenza di varia forza e composizione. Doveva essere assicurato il mutuo supporto da posizione a posizione. Il controllo del tiro dell’artiglieria deve rimanere flessibile e non aderire rigidamente a dei piani prefissati. Si deve sempre mirare a formare delle concentrazioni di fuoco; il fuoco deve essere in effetti distruttivo.Tutte le altre armi devono subordinarsi alle azioni dei Panzer dovunque essi siano impiegati. […] Tutti i comandanti di Panzer sino al comandante Divisionale devono stare sul campo di battaglia, particolarmente dove essi abbiano la migliore visuale del terreno e buone comunicazioni con il nucleo corazzato. Io ero sempre dove potevo vedere e sentire cosa succedeva al fronte, ossia le mosse del nemico, e cosa succedeva tutto intorno a me. Nulla può sostituire l’impressione personale!


Dopo la ricostruzione di Manteuffel delle tattiche impiegate, riportiamo un breve resoconto più “a raso di trincea” della accanita lotta tra tedeschi e sovietici a Targul Frumos, scritto dal Leutnant della “Grossdeutschland” Hans-Karl Richter.


Alle 04.20 il mondo sembrò disintegrarsi. Il fronte era in fiamme. Sin dove poteva arrivare, lo sguardo abbracciava soltanto le vampate dei proiettili che esplodevano. […] Il Feldwebel Böhne stava all’entrata del ricovero e osservava. “I porci”, fu tutto quello che disse. Il nemico stava adesso bombardando con granate al fosforo. L’ampia conca tra Dumbrovita e la collina dove era schierata la 1. Kompanie sembrava un mare di fiamme. Quello doveva essere il punto focale dell’attacco russo. Girai invano la manovella del telefono da campo. La linea doveva essere stata interrotta. Mentre stavo così facendo, il suolo tremò. Un colpo in pieno aveva quasi raso al suolo la casa sopra il nostro ricovero. Guardammo i nostri orologi, ma il bombardamento continuò senza perdere intensità. Quando alla fine sembrò superarci, l’aria si riempì del rombo di centinaia di motori e dello sferragliare dei cingoli. Quindi le mitragliatrici aprirono il fuoco. Fummo all’esterno in un lampo. Una scena irreale ci si parò davanti agli occhi. Nell’ampia vallata, 80 o 100 carri armati sovietici stavano muovendosi verso le posizioni del mio 3° Plotone. Razzi a stella, bengala e migliaia di traccianti solcavano l’aria. […] Tutto quello che ci rimaneva [dopo la fuga dell’artiglieria e fanteria rumena, NdA] erano i Nebelwerfer e tre Sturmgeschütz. Ma non vi era tempo per riflettere. I primi carri sovietici erano già giunti alla periferia di Dumbrovita. Non andarono molto lontano. I cannoni d’assalto facevano buona guardia, e in qualche istante, sette carri nemici erano in fiamme. Il Fahnenjunker-Feldwebel Gerber, al comando del 1° Plotone sul fianco sinistro, attracersò di corsa con il suo Plotone un tratto di terreno scoperto, occupando il lato ovest del da noi pianificato riccio difensivo. Nel frattempo, sul fianco destro, i nostri soldati stavano combattendo una battaglia senza speranza. La prima ondata di carri russi era già passata sopra di loro. Un’altro centinaio di carri li seguì, e avevano della fanteria con loro. Tremende masse di fanteria. Era giunto il momento. Non appena la prima salva di razzi dei Nebelwerfer piombò tra i russi, tirai un razzo di segnalazione. Questo segnalava di ripiegare. Due Squadre del 3° Plotone riuscirono a eseguire l’ordine, e furono accolte nel nostro schieramento alla periferia del villaggio. Ma le altre non si mossero; probabilmente non vedevano una via d’uscita. Separarono la fanteria dai corazzati con il loro fuoco, ma poi i T-34 furono loro addosso. D’un tratto, l’intera collina nel settore della 1. Kompanie sembrava brulicare di carri armati. Da appena un centinaio di metri di distanza, si potevano vedere duelli di bombe a mano, vedere dei soldati saltare in piedi ed essere uccisi. Impotenti, non potemmo che assistere a ciò. Avevamo piazzato sui tetti quattro MG 42, e queste sparavano ininterrottamente. Quindi accadde qualcosa che nessuno dei presenti avrebbe dimenticato mai. Un grido si levò dalla 2. Kompanie. Senza munizioni, esausti, i nostri camerati emersero dalle loro buche individuali e alzarono le mani. Quindi li vedemmo cadere. Non so cosa accadde, so solo che in quell’istante nessuno pensò a ripararsi. Gli uomini si alzarono in piedi e spararono a mano libera con fucili e mitragliatrici. I nostri Nebelwerfer dovevano essersi resi conto che stesse succedendo qualcosa di terribile sulla collina, perché razzi su razzi ci passavano sopra ruggendo, creando ampi vuoti nella inesauribile massa di sovietici. Noi tenemmo le posizioni. Un forte fuoco di fucileria e un volteggiare di bombe a mano fu la prima indicazione che il nemico era arrivato alle prime case di Dumbrovita. Ripiegammo lentamente combattendo frequentemente in combattimento ravvicinato, e formammo un riccio difensivo appena di fronte ai Nebelwerfer. Un Leutnant, probabilmente il comandante della Batteria, era stato molto scosso dalla strage dei nostri camerati sulla collina. Stava sopra un tetto con le lacrime agli occhi, dirigendo il fuoco della sua Batteria, che sembrava distruggere intere unità sovietiche. Improvvisamente, i carri russi apparvero a trenta metri dalla posizione di tiro, ma gli Sturmgeschütz li colpirono con pochi colpi, incendiandoli. Gli equipaggi non andarono molto lontano. Due carri armati avevano sfondato, separando i due Plotoni sul fianco sinistro. Due Squadre fucilieri e la Squadra Comando di Compagnia difesero la posizione della Batteria sino a quando fu tirato anche l’ultimo razzo. Quindi, all’ultimo momento, il coraggioso Leutnant al comando della Batteria fu colpito. Ferito gravemente, lo portammo con noi sul trattore semicingolato. Gli Sturmgeschütz avevano ripiegato nel frattempo. Con un pugno di uomini, ci aprimmo lentamente la strada sino al terrapieno della ferrovia.


Dopo il combattimento di seguito descritto, i resti della sua unità parteciparono al riuscito contrattacco della “Totenkopf”:


Come evocati da una magia, i Panzer e gli Sturmgeschütz della SS-Division “Totenkopf” apparirono all’improvviso da sud; prima che uno dei quattro T-34 potesse prendere la mira, furono tutti colpiti. Quindi iniziò un’eccezionale battaglia tra corazzati, praticamente nella terra di nessuno. Gli Junkers Ju 87 dell’Oberst Rudel picchiarono ripetutamente, aprendo la strada ai Panzer. I quattro SPW della 2. Kompanie li seguirono, e trovarono molto lavoro da fare. La fanteria russa sembrava seguire a migliaia i propri carri armati; adesso la furia dei soldati che avevano visto cadere i propri camerati cadere assassinati poté scatenarsi. Il tentativo di sfondamento russo era stato impedito.