giovedì 31 gennaio 2008

Josef Dietrich



Tratto da:
I Decorati della Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern
Vol. II Luftwaffe-Kriegsmarine-Waffen-SS

SS-Oberstgruppenführer und
Panzer-Generaloberst der Waffen-SS
Josef “Sepp” Dietrich


Nato a Hawangen il 28 maggio 1892 e morto il 22 aprile 1966 a Ludwigsburg, nel Württemberg.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (120) il 4 luglio 1940 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante del (verst.) SS-Infanterie-Regiment (mot.) “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Grazie all’autonoma risoluzione nella guida della sua unità, conclusasi con la conquista della testa di ponte sul canale Aa, presso Watten, avvenuta il 26 mag-gio 1940, l’SS-Obergruppenführer Sepp Dietrich aveva influenzato in modo decisivo il veloce proseguimento delle operazioni su Wormhout, e anche successivamente, come era del resto già avvenuto in Polonia, si era particolarmente distinto per il proprio valore e la collaborazione con reparti corazzati e motorizzati della Heer.

Eichenlaub (41) il 31 dicembre 1941 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante della SS-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Per le eccezionali qualità offensive mostrate nella battaglia del Mare d’Azov e nella presa di Rostov.

Schwerter (26) il 14 marzo 1943 quale SS-Obergruppenführer e General der Waffen-SS e Comandante della SS-Panzer-Grenadier-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler”. Ottenute per la riconquista di Kharkov, dal 10 marzo 1943 al 14 marzo 1943 e per le vittoriose battaglie difensive e offensive combattute tra il Donets e il Dnieper.

Brillanten (16) il 6 agosto 1944 quale SS-Oberstgruppenführer e Panzer-Generaloberst der Waffen-SS e Generale Comandante il I. SS-Panzer-Korps. Assegnate a Dietrich per il notevole contributo personale mostrato nell’arrestare l’avanzata delle truppe anglo-canadesi nell’area di Caen, in una durissima battaglia durata due mesi. Comandò quindi la 6. Panzer-Armee nel’Offensiva delle Ardenne, e in Ungheria.

Dopo la fine della guerra, catturato dagli Alleati, fu posto sotto giudizio nel processo di Malmedy, poiché accusato di aver dato ordini che incoraggiavano i suoi subordinati a non fare prigionieri. Charles Messenger (Graduate della Royal Military Academy di Sandhurst) nel suo libro Hitler’s Gladiator, una documentata biografia di Josef Dietrich, analizzando le prove portate al processo e, facendo altre considerazioni, conclude come non vi siano prove che Dietrich abbia mai dato quest’ordine, spiegando inoltre come:

[…] risulti difficile non concludere che gli americani erano determinati a portare Dietrich in giudizio non tanto per cosa avessero o meno compiuto i suoi soldati, ma solo perché era lui.

Messenger fa anche questa lucida ed equilibrata analisi:

Il 328th US Infantry Regiment […] in un ordine datato 21 dicembre 1944, specificava che “nessun SS o paracadutista sarà preso prigioniero, e saranno uccisi sul posto” […] e sono elencati un gran numero di casi dove questo ordine fu effettivamente messo in pratica. La vendetta, d’altra parte, non è considerata un’attenuante dalla Convenzione di Ginevra, e quindi anche gli americani erano parimenti colpevoli di crimini di guerra. L’unica differenza è che, alla fine, furono loro i vincitori.

Notiamo en passant che, dai prigionieri italiani inermi uccisi dai GI a Biscari e Comiso in Sicilia, risultato questo degli ordini impartiti dal Generale George Patton prima dello sbarco di non prendere prigionieri (ordine confermato da numerosi testimoni americani in sede di giudizio), ai casi di prigionieri tedeschi passati per le armi in Normandia, gli Alleati non ebbero sicuramente bisogno di “vendette” per compiere crimini di guerra, i cui perpetratori non furono quasi mai perseguiti. Su questo tristemente poco conosciuto argomento, basti citare i seguenti passi del diario di Norman Lewis, Ufficiale del Field Security Service inglese in Italia nel 1943…

11 settembre. Alcuni americani della 45a Divisione ci hanno detto di aver ricevuto dai loro Ufficiali l’ordine di non fare prigionieri tedeschi e anzi di finire col calcio del fucile quelli che tentano di arrendersi.

28 settembre. Ricoverato al 16th Evacuation Hospital americano di Paestum […] La maggior parte dei pazienti ha ferite di combattimento, e da molti di loro ho avuto conferma della storia che avevo trovato davvero incredibile, e cioè che alle unità combattenti americani gli Ufficiali hanno dato ordine di colpire a morte i tedeschi che tentino di arrendersi. Questi uomini sembrano molto ingenui e infantili, ma cominciano a mettere in dubbio che un ordine del genere sia morale.

…e il seguente passo del notissimo libro di Cornelius Ryan Il giorno più lungo:

Il marinaio Edward Ashwort, disceso da un LCT […] vide alcuni canadesi che conducevano sei prigionieri di guerra tedeschi dietro una duna […] Ashworth pensò che era la volta buona per impadronirsi di un elmetto da tenere come ricordo. Corse lungo la spiaggia e scoprì i sei tedeschi “accartocciati per terra”. Si chinò su uno dei corpi, ancora deciso a prendersi un elmetto. “Ma vidi che la gola dell’uomo era stata tagliata, a ognuno di loro era stata tagliata la gola”.

Tornando a Messenger, la sua valutazione sulla figura di Dietrich come uomo e Ufficiale è la seguente:

Che fosse un uomo molto coraggioso è certo, e che questo non fosse solo coraggio fisico, ma anche morale, specialmente riguardo agli interessi dei suoi uomini, in contrapposizione alle gerarchie del Terzo Reich. Sotto la sua dura scorza, vi era un uomo molto caloroso. John Toland, che lo conobbe nei suoi ultimi anni di vita, si formò di lui una opinione molto favorevole, e volle capovolgere il ritratto che ne aveva fatto precedentemente nel suo libro Battle: The story of the Bulge, dipingendolo come un “volgare e rozzo ubriacone”. In effetti, la sua immagine popolare era stata largamente formata dalla propaganda Alleata bellica e immediatamente post-bellica. […] È fuori di dubbio che egli avesse delle naturali, eccezionali qualità di capacità di comando. Ottenne anche dei notevoli successi in qualità di Generale, degni di nota visto il fatto che gli mancava l’addestramento e l’educazione normalmente posseduta da un comandante della sua anzianità [Messenger mette anche giustamente in rilievo come, negli Stati Maggiori tedeschi, questa mancanza di Dietrich avesse un peso minore che in altri Eserciti, data la grande importanza che avevano gli Ia, ossia gli Ufficiali addetti alle operazioni, nello stendere i piani. Dietrich ebbe la fortuna di avere nel suo Staff alcuni tra i migliori di questi ultimi, come Kramer e Lehmann, NdA].

Dopo questi commenti da parte avversa, aggiungiamo una testimonianza di Rudolf Lehmann, uno dei suoi principali Ufficiali di Stato Maggiore:

Sicuramente – il nostro vecchio comandante, per noi suoi subordinati “Obersepp” – non era un fine stratega, ma era un comandante di uomini e soldati di prima classe. Non poteva usare questo dono come Generale Comandante o come Comandante in Capo di un’Armata, e ne soffriva moltissimo. Non era neanche abile a formulare in modo perfetto un giudizio tattico su una data situazione, ma possedeva un sesto senso nell’identificare quelli che potevano diventare dei punti di crisi, e specialmente per come porvi rimedio. I suoi discorsi, molto rari e comunque sempre brevi, non contenevano alcun colpo di genio oratorio, ma ci si rendeva conto che venivano dal cuore e andavano da un cuore all’altro. Quell’uomo aveva un carisma straordinario. Chi lo ha conosciuto può solo ricordare con stupore e ammirazione come si mise davanti a un’onda umana di soldati tedeschi in rotta, in una notte di crisi, dove tutti stavano fuggendo dal nemico. Con il bavero del suo cappotto tirato su, e ambo le mani sprofondate nelle tasche, emettendo dei suoni in-comprensibili, ma dal tono infuriato, non solo fermò questi soldati, ma li fece anche tornare indietro verso la prima linea. E non potrà mai dimenticare neanche il suo consueto avvertimento ai Comandanti: “Portatemi i miei uomini indietro!”.

Spange 1939 zum Eisernen Kreuz I Klasse, il 27 ottobre 1939
Spange 1939 zum Eisernen Kreuz II Klasse, il 25 settembre 1939
Eisernes Kreuz I Klasse 1914 nel giugno 1918
Eisernes Kreuz II Klasse 1914 il 14 novembre 1917
K.u.K. Österr. Bronzene Tapferkeitsmedaille Kgl. Bayer. Militär-Verdienstkreuz III. Klasse mit Schwertern und mit der Krone, il 5 luglio 1918
Verwundetenabzeichen in Schwarz
Panzerwagenkampfabzeichen in Silber (istituito il 13 luglio 1921)
Schlesischer Adler-Orden II. - I. Stufe
Militär-Dienstauszeichnung 3. Klasse für 9 Dienstjahre (Bayern)
Blutorden der NSDAP il 3 marzo 1934 Goldenes Ehrenzeichen der NSDAP, nel 1934
Ehrenkreuz für Frontkämpfer
Ehrendegen des Reichsführer-SS
Totenkopfring der SS
SS Zivilabzeichen Nr. 7
Julleuchter der SS il 16 dicembre 1935
Winkel für alte Kämpfer
Deutsches Reichssportabzeichen in Gold
SA-Sportabzeichen in Gold
Wehrmacht-Dienstauszeichnung IV. Klasse
Wehrmacht-Dienstauszeichnung III. Klasse
Deutsches Olympia-Ehrenzeichen I. Klasse
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia
Cavaliere di gran Croce dell'Ordine dei SS Maurizio e Lazzaro
Medaille zur Erinnerung an den 13.3.1938
Medaille zur Erinnerung an den 1 ottobre 1938 mit Spange "Prager Burg"
SS-Dienstauszeichnung II. Stufe il 9 novembre 1940
Dienstauszeichnung der NSDAP in Gold
Wehrmacht-Dienstauszeichnung I. Klasse
Medaille "Winterschlacht im Osten 1941/1942"
Krimschild
Grande Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia
Gemeinsames Flugzeugführer- und Beobachter-Abzeichen in Gold mit Brillanten

mercoledì 30 gennaio 2008

Hasso von Manteuffel



Capitolo tratto da:

I Decorati della Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern
Vol. 1 - Heer

General der Panzertruppe Hasso von Manteuffel

Nato il 14 gennaio 1897 a Potsdam e morto il 24 settembre 1978 a Reith im Alpbachtal, in Austria.

Ritterkreuz des Eisernes Kreuz (772) il 31 dicembre 1941 quale Oberstleutnant e Comandante dello Schützen-Regiment 6, 7. Panzer-Division. La conquista del ponte, ancora intatto, che si trovava sul canale del Volga-Moskva presso Jachroma, avvenuta il 28 novembre 1941, rappresentò un’impresa straordinariamente importante per il Comando Supremo. Il Panzergruppe ottenne così il trampolino di lancio per poter proseguire l’attacco in una direzione decisiva, che peraltro dovette poi essere purtroppo interrotto per mancanza di forze. Fu proprio grazie all’Oberstleutenant von Manteuffel, già noto per essere un valoroso comandante, alla sua personale e rapida risoluzione di proseguire l’attacco durante la notte, alla sua lungimirante prudenza e soprattutto all’esempio personale, che invitava all’emulazione, che si poté ottenere un successo così importante.


Eichenlaub (332) il 23 novembre 1943 quale Generalmajor e Comandante della 7. Panzer-Division. Nella notte del 6 novembre 1943 Kiev dovette essere abbandonata agli avversari. Il nemico attaccò in direzione Zhitomir e conquistò la città. Il Panzer-AOK 4 era in pericolo. Il 14 novembre, la 7. Panzer-Division passò al contrattacco, superò Ivniza, e il 15 novembre sferrò un attacco in direzione nord-ovest, sulla Rollbahn Kiev-Zhitomir, raggiungendo, avanzando senza protezione sui fianchi, l'ansa del Teterev, a quattro chilometri a nordest di Zhitomir. Il 16 novembre fu presa Levkoff (dodici chilometri ad est di Zhitomir). Grazie all’attacco contro Vazkoff, i sovietici erano stati accerchiati a Zhitomir. In una azione notturna condotta con solo sei Panzer (al comando dell’Oberstleutnant Adalbert Schulz, decorato delle Schwerter) e un centinaio di Panzergrenadiere, von Manteuffel, con il suo Schützenpanzerwagen nell’avanguardia, pose le basi per la riconquista della città di Zhitomir.


Schwerter (50) il 22 febbraio 1944 quale Generalmajor e Comandante della 7. Panzer-Division. La 7. Panzer-Division doveva impedire l’attacco frontale del nemico a Korosten. Il 20 novembre 1943 iniziò l’attacco della stessa Divisione, a nord del Teterev su Studniz (a nordovest di Zhitomir), a sud verso Radomyschl, fino a Teterev. Il 22 novembre, presso Nebyliza, von Manteuffel era già avanzato di sessantacinque chilometri. Dopo il raggruppamento, il 7 dicembre fu raggiunta Njanevka (dodici chilometri a sudovest di Mlin, sull’Irscha). Il 10 dicembre fu assaltato il centro abitato di Malin, situato a sud di Irscha. In questi scontri, von Manteuffel condusse personalmente l’attacco, nelle posizioni più avanzate, con sei Panzer e una Kompanie del Panzer-Aufklärungs-Abteilung, contro la difesa del nemico, eseguita su tre lati, assaltò poi la cittadina al centro della resistenza nemica, distrusse le forze corazzate appostate a sud della località, distruggendo venticinque mezzi corazzati, e respingendo forti reparti di fanteria sovietica. Nell’area di Korosten, la 7. Panzer-Division aveva affrontato da sola una intera Armata, e grazie all’abilità tattica di Manteuffel nell’uso di unità mobili, e ai continui e fulminei contrattacchi, impedì ai sovietici di sfondare in profondità in questo settore.


Brillanten (24) il 18 febbraio 1945 quale General der Panzertruppe e Oberbefehlshaber della 5. Panzer-Armee. Ottenuti per i successi iniziali durante l’offensiva delle Ardenne (da notare che la 5. Panzer-Armee doveva avere un ruolo secondario nell’attacco, ma in realtà Manteuffel riuscì nella penetrazione maggiore delle linee statunitensi, arrivando quasi alla Mosa. Manteuffel sferrò l’attacco della sua Armee senza una preparazione d’artiglieria preliminare, tattica rischiosa, ma che garantiva l’effetto sorpresa, assieme alle tattiche d’infiltrazione impiegate dalla fanteria tedesca. La 28th e 106th US Infantry Division furono duramente colpite, subendo 9.000 perdite nello Schnee Eifel) e per il successivo movimento di ripiegamento in cui creò un fronte stabile ad ovest del Reno. Il 5 marzo 1945 ottenne il comando della 3. Panzerarmee, comandandola durante i combattimenti di ripiegamento in Pomerania e Meclenburgo. Catturato dagli americani a fine guerra, fu rilasciato nel 1947. Entrato in politica con il Freie Demokratische Partei (Partito Liberaldemocratico), presenziò nel Bundestag dal 1953 al 1957. Manteuffel suggerì anche la nuova denominazione delle nasciture FF.AA. tedesche: Bundeswehr. Invitato ufficialmente più volte negli Stati Uniti d’America, fu stimato ospite del Presidente Dwight D. Eisenhower e del Generale William Westmoreland, e nel 1968 tenne una serie di lezioni all’Accademia militare di West Point. Fu anche consulente nella realizzazione di film di guerra. Una delle famiglie della nobiltà militare più antiche della Germania, i Manteuffel avevano dato alla Prussia numerosi condottieri: di questi ben sei Generali tra il 1700 e il 1900, oltre al Generalfeldmarschall Edwin Karl Rochus Freiherr von Manteuffel (1809-1885), insignito della Pour le Mérite il 7 agosto 1866 per i suoi successi nella guerra contro l’Austria.


Una delle azioni più brillanti di Manteuffel fu la sua conduzione della Panzer-Grenadier-Division “Grossdeutschland” nella battaglia di Targul Frumos, durante l’avanzata russa in Romania. Così Manteuffel descrisse il suo piano e l’andamento della battaglia:


Il mio piano di battaglia era approssimativamente questo: visto che potevo stimare come altamente probabile, e non certo, che il nemico avrebbe attaccato con forti unità corazzate, assieme ad una munita artiglieria aiutata da buone possibilità d’osservazione, decisi di respingere l’attacco attraverso l’uso del Panzer-Regiment unito, impiegando tattiche di guerra di movimento. Nelle mie istruzioni non lasciai dubbio alcuno sul fatto che i Reggimenti della Divisione avrebbero dovuto difendersi da soli, poiché i nostri Panzer non avrebbero potuto essere dappertutto. […] Io mi riservai quindi la decisione di impiegare i Panzer e in seguito presi parte in tutte le fasi dell’attacco del Panzer-Regiment. In effetti sino al mattino dell’attacco non avevo idea di dove potesse essere il punto focale dell’attacco russo. Pensavo fosse probabile che attaccassero dulla sinistra; poiché i russi avrebbero sicuramente sperato di mettere in fuga i rumeni lì schierati, e sfruttando questo successo parziale, di attaccare sul fianco la mia Divisione. Il successo del mio piano di battaglia dipendeva da: l’accurata trasmissione delle informazioni ottenute attraverso la ricognizione e la loro diffusione all’intera Divisione, il miglioramento accurato e pratico delle posizioni difensive della fanteria, i ben congegnati piani di fuoco per tutte le armi (le armi pesanti di fanteria, le armi controcarro, inclusi gli elementi dello Sturmgeschütz-Abteilung, assegnate ai Reggimenti di fanteria, l’artiglieria e i pezzi contraerei assegnati al ruolo controcarro), stesi tenendo conto del tipo di arma, calibro e delle munizioni. Degli accordi devono essere presi con le unità vicine riguardo alle linee di demarcazione tra reparti, e devono essere preparate delle concentrazioni di fuoco pesanti e pesantissime. I tiri di registrazione, eseguiti senza attrarre attenzione, sono basilari per questi ultimi. Il posto di comando Divisionale era praticamente ideale. Come menzionato prima, era posto su un pendio a sud di Targul Frumos. I punti di osservazione ivi installati permettevano l’osservazione attraverso la vista e il suono dell’intero settore di combattimento. A dispetto dei preparativi più elaborati, il fattore decisivo nella difesa è il potenziale di combattimento delle truppe. […] Eravamo in stretto contatto con le unità aeree della Luftwaffe.I russi non intrapresero alcun’azione contro la Divisione agli inizi d’aprile. Vi era poca attività della loro artiglieria, poiché stavano ovviamente risparmiando munizioni. La ricognzione riferì di nuove Batterie nemiche. Come sempre, le unità statiche di fanteria rimasero ferme sino all’inizio dell’attacco. […] Tutti i segni puntavano al 30 aprile o al primo maggio come data d’inizio dell’attacco. Il tempo era buono, il cielo sereno, il terreno era secco. Le condizioni di visibilità erano molto buone. L’alba arrivò alle 04.00 circa. Il primo maggio, il giorno prima dell’attacco, tutto era quieto come sempre. A mezzogiorno, le ricognizione aerea riferì di pesanti concentramenti di truppe nel retrofronte nemico. Richiesi pertanto un bombardamento aereo per la sera del primo maggio, che fu eseguito. Numerosi incendi ed esplosioni secondarie ci fecero concludere come l’attacco avesse avuto successo. I prigionieri presi il giorno seguente lo confermarono.Il 2 maggio 1944 la giornata iniziò alle 04.00 con un vivace fuoco di artiglieria, principalmente concentrato sulla prima linea e che non si estendeva sul retrofronte. La nostra mimetizzazione doveva essere efficace, poiché le perdite in uomini e materiale erano state molto basse; era essenzialmente un fuoco di disturbo, che come spesso era il caso con i russi, fu mantenuto ostinatamente. […]L’attacco delle forze corazzate sovietiche iniziò un’ora dopo l’inizio del bombardamento, e circa mezz’ora dopo, il tiro dei corazzati iniziò a cadere su Tragul Frumos. Vidi dal mio posto di comando i carri armati avanzare verso la città. La nostra fanteria si lasciò sorpassare dai carri, in modo da lasciarli al Battaglione FlAk da 8.8 cm trincerato all’entrata settentrionale di Targul Frumos. La maggior parte dei carri armati, circa venticinque, fu colpita e incendiata; il resto, una decina, incappò nell’area di assembramento del nostro Panzer-Regiment e fu distrutta.Presto ebbi l’impressione che l’attacco principale sarebbe arrivato dall’area a nordovest di Targul Frumos verso la città, e ordinai quindi al Panzer-Regiment di prendere posizione dietro una cresta ad ovest di Targul Frumos, dietro il settore tenuto dal Panzer-Grenadier-Regiment. Sul pendio era interrata e ben mimetizzata una Batteria di Sturmgeschütz. Circa due Compagnie di carri armati russi, ossia trenta carri, attaccarono il pendio proprio mentre stavo guidando sin lì. La fanteria schierata in fondo al pendio permise ai carri, che stavano muovendosi a gran velocità, di sorpassarla. La Batteria di StuG lasciò che i carri armati si avvicinassero sino a trecento metri di distanza, e poi li distrusse tutti. La maggior parte di corazzati nemici esplose in piccoli pezzi. In seguito mostrai qualcuno di questi pezzi a degli esperti, per mostrargli l’eccezionale efficacia delle nostre munizioni perforanti. Non subimmo perdite! Un’altra Compagnia russa si mosse in fila indiana oltre Ruginoasa, dove i rumeni si erano dispersi come ci si aspettava. Fu identificata in tempo da una Kompanie di nostri Panzer e completamente distrutta. La mia impressione iniziale fu confermata alle ore 0800. Arrivarono ondate dopo ondate di carri armati, che noi ingaggiammo da delle posizioni preparate ben situate. Mentre stavo comunicando via radio con il comandante del Panzer-Regiment nel suo Befehlswagen, dei proiettili di grosso calibro, sparati da cannoni di carri armati, sibilarono oltre i nostri veicoli. Essi erano stati sparati da una grande distanza. Ci rendemmo rapidamente conto che provenivano da dei carri armati pesanti a 3.000 metri di distanza. Inizialmente pensammo ambedue che fosse un errore da parte di una Kompanie di Tiger, poiché non avevamo mai incontrato dei carri russi così pesanti. Una Kompanie di Tiger fu fatta avanzare, e aprirono il fuoco su quei carri. Potemmo vedere chiaramente i proiettili che li colpivano, e tuttavia rimbalzare sulla loro corazza frontale. Il comandante del Tiger-Abteilung, che era presente, ordinò ai suoi carri di attaccare. I Tiger serrarono le distanze a 2.000-1.800 metri dai corazzati nemici, e aprirono il fuoco su di essi. Quattro dei carri nemici furono presto in fiamme, altri tre ripiegarono a gran velocità. Ordinai ad una Kompanie di Panzer IV di aggirare Ruginoasa, e di inseguire e distruggere quei carri. Questi carri armati, veloci e manovrieri, furono così fortunati da avvicinarsi a 1.000 metri dai giganti corazzati russi, e attaccarli da tergo. I carri nemici si arrestarono, e apprendemmo in seguito che erano bruciati. Ho menzionato questi carri armati Stalin diverse volte. Vantaggi: un potente cannone, spessa corazzatura, e una bassa sagoma (circa 51 cm in meno che il nostro Panzer V); svantaggi: lento e non abbasatanza manovrabile, inoltre mi parve che i loro equipaggi non fossero sufficientemente familiari con il proprio mezzo. Descrivere la battaglia nel dettaglio occuperebbe troppo spazio, quindi descriverò il suo andamento a grandi linee: Alle ore 11.00 circa, il Panzer-Regiment aveva distrutto duecentocinquanta corazzati nell’area delle posizioni del Panzer-Grenadier-Regiment. Vidi esitare l’attacco nemico. I russi avevano ancora molti carri, ma essi si limitavano a spararci da raggio estremo, senza attaccare. Inizialmente non avevamo alcun interesse ad attaccare così in profondità nelle posizioni nemiche con i nostri carri armati, speravamo di poterli affrontare l’indomani o in un altro punto. Nel frattempo dei rapporti allarmanti provenivano dal Panzer-Füsilier-Regiment (settore destro della Divisione) sin dalle 09.00. Trentadue carri armati russi erano entrati nel villaggio nel quale era posizionato il comando Reggimentale. Otto furono distrutti in uno scontro ravvicinato nel quale prese parte anche il comandante di Reggimento. Le linee del Panzer-Füsilier-Regiment furono sfondate in diversi punti, ma tennero duro. Come il Panzer-Grenadier-Regiment, i Füsilier erano riusciti a separare la fanteria dai corazzati, e a trattenerla. I carri sovietici ora dovevano combattere da soli. Avevo promesso al mio amico, l’Oberst Niemack, il comandante del Panzer-Füsilier-Regiment, che sarei venuto in suo aiuto con il Panzer-Regiment entro le 12.00. La situazione era nel frattempo diventata estremamente critica. Ci fu un rinnovato pesante attacco di forti reparti corazzati russi dopo le 11.00. Ordinai quindi ai Panzer di interrompere l’attacco nel settore ad ovest di Targul Frumos e di riunirsi nell’area di Tragul Frumos. Il comandante del Panzer-Regiment, che era a Targul Frumos, prese l’iniziativa e fece tutti i preparativi necessari per rifornire il Reggimento di carburante e munizioni. Un Abteilung misto di Panzer V e VI agli ordini del comandante dei Tiger fu lasciato dietro nel settore del Panzer-Grenadier-Regiment. Io stesso mi diressi [sul suo Befehlswagen, un Sd. Kfz. 251, NdA] verso il Panzer-Füsilier-Regiment con una Kompanie di Panzer IV. Stimai la situazione e il terreno e mandai il Panzer-Regiment, che seguiva, all’attacco mentre era ancora in movimento. […] I carri del Panzer-Regiment distrussero subito trenta carri russi che stavano muovendosi a tergo del Füsilier-Regiment. Al calar della notte, l’intervento del Panzer-Regiment aveva ripristinato la situazione in questo settore. Al termine della notte, poco prima dell’alba, un mezzo Abteilung di Panther e uno di Tiger fu schierato in ambo i settori, in modo da poter battere il terreno davanti alla nostra fanteria quando ci fosse stata luce sufficiente. La notte del 2 maggio le straordinarie perdite nemiche in corazzati, oltre al fatto che la fanteria nemica da nessuna parte aveva raggiunto i suoi obiettivi iniziali, mi fece ben sperare, sensazione che fu presto confermata. I russi attaccarono nuovamente il 2 e il 3 maggio, ma a dispetto di un massiccio supporto di carri armati, i loro assalti furono fermati davanti o nelle nostre posizioni. I nostri bombardieri portarono a termine molte missioni il 2 maggio, compreso anche il Geschwader controcarro di Rudel. […] Le nostre perdite in carri armati non avevano raggiunto i dieci mezzi, anche se un numero considerevole era stato danneggiato, ma grazie all’efficentissimo servizio di riparazione del Panzer-Regiment, esso non ebbe una sostanziale perdita della sua forza in armi, rimanendo, come spesso succedeva, il fedele servitore della coraggiosa fanteria [le perdite della fanteria della “Grossdeutschland” furono però pesanti: ad esempio, il II/Panzer-Grenadier-Regiment GD dovette essere sciolto a causa delle perdite subite, NdA]. Il successo fu grande: fu evitato uno sfondamento in direzione di Ploesti […]. Stimo che le perdite nemiche ammontarono a trecentocinquanta carri armati distrutti e altri duecento danneggiati. […]Il mio piano di battaglia era basato sui seguenti fatti e lezioni dalle mie passate esperienze, che furono confermate: La Divisione doveva difendere, ossia tenere, le sue posizioni, non ci doveva essere alcun combattimento di ripiegamento; questo dovette essere reso chiaro anche al soldato semplice, altrimenti i Caposquadra della fanteria si sarebbero ritenuti autorizzati a combattere un’azione ritardatrice e ripiegare temporaneamente. Le fondamenta della difesa erano formate dalla cooperazione più stretta possibile tra la fanteria e le armi che la appoggiavano nella battaglia: le loro armi pesanti, gli Sturmgeschütz, l’artiglieria e i Pioniere; ma la fanteria era il primo violino, e tutte le altre armi dovevano adattarsi alle sue legittime richieste. Le forze corazzate dovevano essere tenute assieme, e tenute vicino al fronte, per contrattaccare rapidamente i carri armati nemici.La fanteria conduceva la difesa da nidi di resistenza di varia forza e composizione. Doveva essere assicurato il mutuo supporto da posizione a posizione. Il controllo del tiro dell’artiglieria deve rimanere flessibile e non aderire rigidamente a dei piani prefissati. Si deve sempre mirare a formare delle concentrazioni di fuoco; il fuoco deve essere in effetti distruttivo.Tutte le altre armi devono subordinarsi alle azioni dei Panzer dovunque essi siano impiegati. […] Tutti i comandanti di Panzer sino al comandante Divisionale devono stare sul campo di battaglia, particolarmente dove essi abbiano la migliore visuale del terreno e buone comunicazioni con il nucleo corazzato. Io ero sempre dove potevo vedere e sentire cosa succedeva al fronte, ossia le mosse del nemico, e cosa succedeva tutto intorno a me. Nulla può sostituire l’impressione personale!


Dopo la ricostruzione di Manteuffel delle tattiche impiegate, riportiamo un breve resoconto più “a raso di trincea” della accanita lotta tra tedeschi e sovietici a Targul Frumos, scritto dal Leutnant della “Grossdeutschland” Hans-Karl Richter.


Alle 04.20 il mondo sembrò disintegrarsi. Il fronte era in fiamme. Sin dove poteva arrivare, lo sguardo abbracciava soltanto le vampate dei proiettili che esplodevano. […] Il Feldwebel Böhne stava all’entrata del ricovero e osservava. “I porci”, fu tutto quello che disse. Il nemico stava adesso bombardando con granate al fosforo. L’ampia conca tra Dumbrovita e la collina dove era schierata la 1. Kompanie sembrava un mare di fiamme. Quello doveva essere il punto focale dell’attacco russo. Girai invano la manovella del telefono da campo. La linea doveva essere stata interrotta. Mentre stavo così facendo, il suolo tremò. Un colpo in pieno aveva quasi raso al suolo la casa sopra il nostro ricovero. Guardammo i nostri orologi, ma il bombardamento continuò senza perdere intensità. Quando alla fine sembrò superarci, l’aria si riempì del rombo di centinaia di motori e dello sferragliare dei cingoli. Quindi le mitragliatrici aprirono il fuoco. Fummo all’esterno in un lampo. Una scena irreale ci si parò davanti agli occhi. Nell’ampia vallata, 80 o 100 carri armati sovietici stavano muovendosi verso le posizioni del mio 3° Plotone. Razzi a stella, bengala e migliaia di traccianti solcavano l’aria. […] Tutto quello che ci rimaneva [dopo la fuga dell’artiglieria e fanteria rumena, NdA] erano i Nebelwerfer e tre Sturmgeschütz. Ma non vi era tempo per riflettere. I primi carri sovietici erano già giunti alla periferia di Dumbrovita. Non andarono molto lontano. I cannoni d’assalto facevano buona guardia, e in qualche istante, sette carri nemici erano in fiamme. Il Fahnenjunker-Feldwebel Gerber, al comando del 1° Plotone sul fianco sinistro, attracersò di corsa con il suo Plotone un tratto di terreno scoperto, occupando il lato ovest del da noi pianificato riccio difensivo. Nel frattempo, sul fianco destro, i nostri soldati stavano combattendo una battaglia senza speranza. La prima ondata di carri russi era già passata sopra di loro. Un’altro centinaio di carri li seguì, e avevano della fanteria con loro. Tremende masse di fanteria. Era giunto il momento. Non appena la prima salva di razzi dei Nebelwerfer piombò tra i russi, tirai un razzo di segnalazione. Questo segnalava di ripiegare. Due Squadre del 3° Plotone riuscirono a eseguire l’ordine, e furono accolte nel nostro schieramento alla periferia del villaggio. Ma le altre non si mossero; probabilmente non vedevano una via d’uscita. Separarono la fanteria dai corazzati con il loro fuoco, ma poi i T-34 furono loro addosso. D’un tratto, l’intera collina nel settore della 1. Kompanie sembrava brulicare di carri armati. Da appena un centinaio di metri di distanza, si potevano vedere duelli di bombe a mano, vedere dei soldati saltare in piedi ed essere uccisi. Impotenti, non potemmo che assistere a ciò. Avevamo piazzato sui tetti quattro MG 42, e queste sparavano ininterrottamente. Quindi accadde qualcosa che nessuno dei presenti avrebbe dimenticato mai. Un grido si levò dalla 2. Kompanie. Senza munizioni, esausti, i nostri camerati emersero dalle loro buche individuali e alzarono le mani. Quindi li vedemmo cadere. Non so cosa accadde, so solo che in quell’istante nessuno pensò a ripararsi. Gli uomini si alzarono in piedi e spararono a mano libera con fucili e mitragliatrici. I nostri Nebelwerfer dovevano essersi resi conto che stesse succedendo qualcosa di terribile sulla collina, perché razzi su razzi ci passavano sopra ruggendo, creando ampi vuoti nella inesauribile massa di sovietici. Noi tenemmo le posizioni. Un forte fuoco di fucileria e un volteggiare di bombe a mano fu la prima indicazione che il nemico era arrivato alle prime case di Dumbrovita. Ripiegammo lentamente combattendo frequentemente in combattimento ravvicinato, e formammo un riccio difensivo appena di fronte ai Nebelwerfer. Un Leutnant, probabilmente il comandante della Batteria, era stato molto scosso dalla strage dei nostri camerati sulla collina. Stava sopra un tetto con le lacrime agli occhi, dirigendo il fuoco della sua Batteria, che sembrava distruggere intere unità sovietiche. Improvvisamente, i carri russi apparvero a trenta metri dalla posizione di tiro, ma gli Sturmgeschütz li colpirono con pochi colpi, incendiandoli. Gli equipaggi non andarono molto lontano. Due carri armati avevano sfondato, separando i due Plotoni sul fianco sinistro. Due Squadre fucilieri e la Squadra Comando di Compagnia difesero la posizione della Batteria sino a quando fu tirato anche l’ultimo razzo. Quindi, all’ultimo momento, il coraggioso Leutnant al comando della Batteria fu colpito. Ferito gravemente, lo portammo con noi sul trattore semicingolato. Gli Sturmgeschütz avevano ripiegato nel frattempo. Con un pugno di uomini, ci aprimmo lentamente la strada sino al terrapieno della ferrovia.


Dopo il combattimento di seguito descritto, i resti della sua unità parteciparono al riuscito contrattacco della “Totenkopf”:


Come evocati da una magia, i Panzer e gli Sturmgeschütz della SS-Division “Totenkopf” apparirono all’improvviso da sud; prima che uno dei quattro T-34 potesse prendere la mira, furono tutti colpiti. Quindi iniziò un’eccezionale battaglia tra corazzati, praticamente nella terra di nessuno. Gli Junkers Ju 87 dell’Oberst Rudel picchiarono ripetutamente, aprendo la strada ai Panzer. I quattro SPW della 2. Kompanie li seguirono, e trovarono molto lavoro da fare. La fanteria russa sembrava seguire a migliaia i propri carri armati; adesso la furia dei soldati che avevano visto cadere i propri camerati cadere assassinati poté scatenarsi. Il tentativo di sfondamento russo era stato impedito.